"Non ci possono essere attenuanti per Gualandi, l'orribile crimine di cui si è macchiato prevede l'ergastolo. Non c'è nulla che possa attenuare le sue responsabilità", ha detto la procuratrice Russo
La procuratrice di Bologna, Lucia Russo, ha chiesto la condanna all'ergastolo per Giampiero Gualandi, 63enne ex comandante della Polizia Locale di Anzola Emilia (Bologna), accusato dell'omicidio della collega Sofia Stefani, 33 anni, con cui aveva una relazione extraconiugale. Stefani è stata uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi nell'ufficio dell'uomo, al comando di Anzola. "Non ci possono essere attenuanti per Gualandi, l'orribile crimine di cui si è macchiato prevede l'ergastolo. Non c'è nulla che possa attenuare le sue responsabilità", ha detto Russo.
Le motivazioni
Per la Procura, si è trattato di un omicidio volontario, aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo, mentre per la difesa dell'imputato (avvocati Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli) si è trattato di un colpo partito accidentalmente durante una colluttazione. La moglie di Gualandi il 29-30 aprile aveva scoperto la relazione del marito con Stefani, ma lui le disse che con lei era finita a febbraio. I messaggi tra i due, però, dimostrano che in realtà la relazione è andata avanti fino a poco prima dell'omicidio. "Non c'è stato giorno dal 30 aprile in poi - ha detto Russo - in cui Sofia non ha provato a contattare la moglie di Gualandi", per mostrarle i messaggi e farle capire che in realtà la relazione stava proseguendo. "Lui sapeva che non si sarebbe arresa". Ed è per questo, probabilmente, il motivo per cui Sofia è stata uccisa. "Il telefono di Sofia ci ha consentito di ricostruire ogni aspetto di quel rapporto, le vite dei protagonisti, a partire dal dicembre 2023, e ha ricostruito anche la deriva del drammatico rapporto. Le indagini - ha aggiunto Russo - hanno dimostrato con evidenza che Gualandi ha mentito a tutti". Per Russo, infine, Gualandi ha esercitato "verso Sofia una feroce manipolazione", sia professionale che sessuale. "La usava per destabilizzare l'ambiente in cui lavorava", visto che era in conflitto con la nuova comandante, e "nel contratto di sottomissione sessuale era lui il dominatore, il manipolatore", ha ricordato. Mentre Sofia, affetta da un disturbo borderline di personalità, era una persona "vulnerabile, la cui cartella clinica trasuda umanità. Sofia aveva il diritto di vivere, invece è finita al cimitero".