I suicidi in Italia sono in crescita, ma manca un piano di prevenzione

In Italia ogni mese si tolgono la vita oltre 300 persone. Dieci al giorno. Secondo gli ultimi dati Istat i numeri relativi ai suicidi nel nostro Paese sono in costante crescita: il tasso registrato negli ultimi due anni analizzati è il massimo rilevato dal 2015. In particolare, nel 2022 c’è stato un incremento di casi di suicidio in quasi tutte le fasce di età, tranne quella 65-79 anni. E dal 2020 al 2024 i numeri sono sempre stati in crescita. Dal 1967 nel nostro Paese esiste un’associazione di volontariato che attraverso una helpline anonima e gratuita offre ascolto e supporto alle persone che vivono momenti di difficoltà, disagio emotivo o pensieri suicidari: si chiama Telefono Amico e solo nel 2024 sono state 6700 le persone che hanno chiesto supporto a questa rete perché attraversate da un pensiero suicidario. Mentre quest’anno sono state già registrate oltre 3 mila richieste di aiuto: un numero che fa presagire un bilancio annuale altrettanto pesante anche nel 2025. Mai così tanti giovani coinvolti “Il disagio dei ragazzi e delle ragazze negli ultimi anni è esploso: è significativo che prima del 2020, anno in cui è scoppiata la pandemia, non avessimo contatti di persone sotto i 30 anni”, spiega a SkyTG24 Insider Cristina Rigon, presidente di Telefono Amico, una delle pochissime realtà che in Italia si occupa di prevenzione al suicidio ma senza risorse sufficienti, nonostante la gravità del quadro che i dati restituiscono. L’Italia infatti non dispone né di un piano nazionale integrato per la prevenzione del suicidio né di un sistema di monitoraggio in tempo reale, a differenza di molti altri Paesi europei come Finlandia, Norvegia e Svezia. Per questo la richiesta di Telefono Amico in occasione della Giornata Mondiale per la prevenzione del suicidio è che si agisca per evitare che sempre più persone decidano di togliersi la vita: per prevenire, è necessario mettere in atto azioni concrete in tutti i settori, dalle scuole ai Pronto Soccorso. Il primo è l’ascolto, ma non può essere l'unico. Un'emergenza silenziosa “I numeri ci dicono che il suicidio è diventato un’emergenza”, sottolinea Rigon. Il problema è che questo numero crescente di dati non è accompagnato da una conversazione pubblica sul tema: "Lo stigma attorno al fenomeno del suicidio è ancora troppo forte”. In questo senso Telefono Amico, da oltre 60 anni, è un faro nel buio. L’associazione offre ascolto e supporto attraverso una helpline anonima e gratuita disponibile in tre canali: il numero di telefono dedicato (il 02 2327 2327, tutti i giorni dalle ore 9 alle ore 24, il canale WhatsApp e la mail. “In quasi sei decenni la nostra associazione ha accompagnato diverse generazioni di persone, rimanendo sempre una realtà viva e vitale e sapendo adattarsi ai nuovi mezzi di comunicazione: oggi i giovani non telefonano, comunicano su solo via WhatsApp, così abbiamo aperto un canale di chat”, spiega la presidente Rigon, oggi in Senato in occasione della Giornata Mondiale per la prevenzione del suicidio, su iniziativa del senatore Guido Quintino Liris. Attualmente i centri che fanno parte di Telefono Amico sono 21, i volontari circa 600. Ma il lavoro dell’associazione non è supportato da nessun intervento nazionale: “Questa è la nostra missione, ma da soli è davvero difficile riuscire a gestire le immense quantità di richieste che ci arrivano, perché per 110 mila contatti ne perdiamo quasi altrettanti”. Cosa succede durante una telefonata in cui si chiede aiuto? Ci si sente ascoltati. I volontari e le volontarie di Telefono Amico accolgono il racconto - rigorosamente anonimo - delle persone che chiedono aiuto “senza giudizio” e “senza offrire soluzioni”, lavorando con “l’ascolto attivo”. “Cerchiamo di mettere in campo le risorse della persona che si rivolge a noi, cercando insieme a lei delle alternative a quel tipo di pensier. Questo vale per la maggior parte delle 6700 persone che nel 2024 si sono rivolte a noi: un pensiero suicidario è molto diverso da un suicidio in atto, ma anche nel primo caso c’è un tema serio da affrontare”. Il ruolo cruciale dei volontari La presidente non può citare esempi specifici - “proteggiamo i nostri contatti” - ma in generale quello che spinge una persona a rivolgersi a Telefono Amico è un profondo disagio, le cui origini possono essere molteplici: può essere legato alla sfera personale, alle relazioni familiari, di coppia o amicali, così come a separazioni, lutti o alla perdita del lavoro. Tutti i volontari e le volontarie – che vengono "istruiti" attraverso un corso di formazione psicologica di sei mesi, sia teorico che pratico – hanno alle spalle fondamenti di psicologia e di counseling, ma - spiega Rigon - non c’è un setting psicologico in questo tipo di sostegno". Inoltre, quello dei volontari è un compito faticoso in termini emotivi, ma per mancanza di fondi nessuno di loro ha diritto a un supporto psicologico dedicato. Un ascolto 'attivo' e senza giudizio Manifestare un pensiero suicidario, che accada attraverso una telefonata anonima o una confidenza a un amico, rappresenta già un importante primo passo, dice Rigon, perché ancora oggi parlare di suicidio è molto difficile. Si teme di essere giudicati o sminuiti, e spesso si ha anche paura di allarmare le persone attorno a noi: è un tema che spaventa. Per questo le persone vicine a quelle che hanno bisogno d’aiuto “non sanno come intervenire e temono di dire o fare la cosa sbagliata”, racconta. L’unico consiglio generale che sento di dare - anche se ogni caso è unico è: ascoltate quel racconto, prendetelo sul serio senza minimizzare. E non colpevolizzate mai la persona in difficoltà instillando in lei sensi di colpa, per esempio: “Non pensi a quanto male faresti ai tuoi genitori? Sai quanto soffrirebbero i tuoi figli?”. Ma cosa succede dopo? Manifestare un pensiero suicidario non rappresenta un sintomo predittivo del fatto che quella persona passerà dal pensiero all’azione, né al contrario è predittivo del fatto che non lo farà, sottolinea la presidente: comunicarlo a qualcuno è un sintomo “neutro”. E, ricorda, le persone che manifestano l’intenzione di togliersi la vita non desiderano davvero il suicidio: “Il suicidio è l'assenza di dolore, la fine del dolore. Tenere vivo il filo della speranza non è semplice, ma è il nostro compito. Ricordando che se quella persona fosse convinta di smettere di vivere non alzerebbe il telefono per chiamarci”. Come si affrontano i casi più gravi In caso di manifestazione di pensieri suicidari concreti, esiste un protocollo da seguire. “Se per esempio la persona che ci contatta ci comunica di aver appena assunto un flacone di Xanax o di trovarsi sui binari di una stazione ferroviaria, oltre ad ascoltarla le chiediamo di fornirci un proprio contatto, uscendo quindi dall’anonimato. Questo è cruciale per permetterci di intervenire: se non riceviamo quel contatto non siamo in grado di poter aiutare la persona attivando i soccorsi”, spiega Rigon. Ma cosa succede dopo? Il problema, se le cose vanno per il meglio, arriva nella fase successiva ai soccorsi. Ed è strutturale. La persona in questione non viene infatti inserita in un protocollo di supporto, e rischia di essere abbandonata a se stessa nonostante la fragile salute mentale. “Noi non sappiamo cosa succede dopo a quella persona, perché manca un protocollo standard per i casi più gravi, in altre parole manca l’attivazione. Come quella che per esempio viene invece messa in campo nei casi di violenza sulle donne". Insomma, nessun follow up. Cosa chiede Telefono Amico Ed è per questo che in occasione della Giornata dedicata alla prevenzione del fenomeno Telefono Amico chiede un piano nazionale urgente. “Servono azioni coordinate. Devono essere coinvolte la sanità, la scuola, il mondo del lavoro”, dice la presidente. Nello specifico, l'associazione oggi in Senato ha chiesto alle istituzioni: l’istituzione di un numero unico nazionale 24/7 per la prevenzione del suicidio l’avvio di un Piano Nazionale con azioni coordinate tra scuola, sanità, lavoro e forze dell’ordine una campagna nazionale anti-stigma e informativa protocolli clinici nei pronto soccorso e nei centri di salute mentale per identificazione precoce, valutazione, gestione e follow up delle persone affette da comportamenti suicidari. Inoltre, spiega ancora Telefono Amico, “servono piani anche per riuscire ad aumentare il numero dei nostri volontari, e mettere in campo attività che ci permettano di supportarli. Non abbiamo fondi per farlo: la nostra forza e la nostra buona volontà, da sole, non bastano”.

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I suicidi in Italia sono in crescita, ma manca un piano di prevenzione

Giulia Mengolini