Cordiali ma incerti: cosa sapere dell’incontro Trump-Netanyahu

La situazione in Medio Oriente è una delle più tese del mondo, eppure, ieri se ne è parlato in uno degli incontri più sereni e cordiali degli ultimi mesi: Donald Trump e Benjamin Netanyahu si sono incontrati nella residenza privata del presidente USA a Mar-a-Lago. Un incontro dal quale sono uscite solo notizie sulla reciproca stima e simpatia, ma nessun dettaglio circa il modo in cui le cose nella regione potrebbero evolvere. Né su quanto sia reale l’accordo tra Stati Uniti e Israele sui temi più delicati dell’area. In primo luogo i due non sono, o non avrebbero dovuto essere, d’accordo in merito alla gestione del cessate il fuoco a Gaza. Al momento il piano, in venti punti, è fermo alla fase uno: gli ostaggi israeliani sono stati liberati e le operazioni israeliane su larga scala sono cessate. Su tutto il resto, però, la situazione sembra ristagnare. Israele ha ridotto, ma mai del tutto cessato, gli attacchi su obiettivi palestinesi e ha fermato il suo ritiro dalla Striscia limitandosi a liberare la parte occidentale e centrale dell’area, mentre le sue truppe sono ancora copiosamente presenti nell’area orientale . Anche gli aiuti umanitari, per quanto aumentati, non sono ripresi con il ritmo previsto e auspicato. D’altra parte, anche del disarmo di Hamas non c’è traccia tangibile né ce n’è della forza di pace internazionale, che Trump vorrebbe che iniziasse le sue attività a gennaio, ma di cui non si sa ancora niente. Eppure, in questo quadro di grande incertezza e incompiutezza, le parole di Trump si sono rivolte solo ad Hamas. “Donald Trump - scrive BBC nella sua cronaca dell’incontro - ha affermato di sperare di raggiungere la fase due del piano di pace per Gaza ‘molto rapidamente’, avvertendo che Hamas avrebbe ‘avuto un sacco di guai’ se non avesse proceduto al disarmo al più presto. Durante una conferenza stampa con Netanyahu dopo il loro incontro, Trump ha affermato che Israele ha ‘rispettato il piano al 100%’, nonostante i continui attacchi del suo esercito a Gaza”. Un altro tema su cui non è chiaro quanto ci sia stato accordo tra Trump e il premier israeliano è quello della Cisgiordania. L’area, in teoria, è autonoma e controllata dal governo palestinese moderato di Fatah, molto diverso da quello di Hamas a Gaza. Allo stesso tempo, però, la Cisgiordania è teatro, da sempre ma soprattutto negli ultimi mesi, di continue incursioni e violenze da parte dei coloni israeliani, che aggrediscono i palestinesi, sottraendo loro terra e rendendo loro la vita impossibile. Una situazione che secondo Axios non sarebbe gradita a Washington: “La Casa Bianca ritiene che un'escalation violenta in Cisgiordania comprometterebbe gli sforzi per attuare l'accordo di pace di Gaza e impedirebbe l'espansione degli Accordi di Abramo prima della fine del mandato di Trump. Negli ultimi tre anni, il governo di estrema destra di Netanyahu ha promosso attivamente politiche che hanno indebolito l'Autorità Nazionale Palestinese e l'hanno privata di fondi, ha speso in modo esponenziale gli insediamenti, ha legalizzato avamposti, ha sfollato con la forza le comunità palestinesi e ha compiuto molti altri passi verso l'annessione di fatto. Trump e il suo team hanno espresso preoccupazione per la situazione in Cisgiordania e hanno chiesto a Netanyahu di evitare azioni provocatorie e di "calmare le acque". Infine sembra che i due abbiano discusso, delle politiche di vicinato israliano, in particolare con Iran e Siria. Sull’Iran risulta ci sia stato pieno accordo: “Trump - scrive Al Jazeera - ha insinuato che l'Iran potrebbe essere al lavoro per ripristinare il suo programma nucleare dopo che gli attacchi aerei statunitensi di giugno hanno danneggiato tre impianti nucleari iraniani. Se l'Iran stesse cercando di potenziare nuovamente il suo programma nucleare, "non avremo altra scelta che sradicare rapidamente tale accumulo", ha affermato. Le conseguenze di una simile mossa potrebbero essere "più gravi dell'ultima volta". Alla domanda se gli Stati Uniti avrebbero appoggiato un attacco israeliano al programma missilistico iraniano , Trump ha risposto: "Se continueranno con i missili, sì”. Più sfumata invece la posizione dei due sulla Siria, Paese al cui nuovo governo Trump ha espresso piena fiducia, e Benjamin Netanyahu grande diffidenza . “Trump - scrive New York Times- ha elogiato il nuovo leader siriano, Ahmed al-Shara, e ha affermato di sperare che la nuova leadership possa inaugurare migliori relazioni tra Israele e Siria. Tuttavia, l'azione militare di Israele in Siria ha irritato la Casa Bianca e alcuni funzionari israeliani non si fidano di al-Shara. Netanyahu ha affermato solo di voler garantire la sicurezza del confine tra Israele e Siria”. Un accordo di massima, quello tra Trump e Netanyahu, un po’ vago e fumoso, specie se si considera che riguarda una delle aree più strategiche e delicate del mondo.

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Luciana Grosso