Roma, contratti pirata nella ristorazione e retribuzioni falsate: i dati Confcommercio

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Come riporta il Messaggero, gli effetti sulla retribuzione e contribuzione relativa ai contratti di lavoro falsati generano differenziali retributive che possono oscillare tra i 3mila e gli 8mila euro annui lordi, oltre a una perdita di contribuzione previdenziale che in alcuni casi supera i 1.500 euro annui

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Direttori assunti come cuochi, reponsabili di sala che figurano come camerieri. Come riporta il Messaggero, a Roma chi cerca un impiego nella ristorazione può facilmente incappare in questo tipo di contratto "pirata" in cui retribuzioni e ruoli non figurano formalmente. Una figura su tre in media, spiega il quotidiano romano, è assunta senza riconoscimento ufficiale. Nel settore della ristorazione esiste, oltre a un contratto firmato da grandi organizzazioni come la Fipe, anche un sottobosco di contratti di organizzazioni minori che spinge la qualità del servizio a ribasso, con buona pace dei consumatori.

 

I dati Confcommercio

A seconda della figura professionale, secondo Confcommercio, gli effetti sulla retribuzione e contribuzione relativa ai contratti di lavoro "pirata" come questi generano differenziali retributive che possono oscillare tra i 3mila e gli 8mila euro annui lordi, oltre a una perdita di contribuzione previdenziale che in alcuni casi supera i 1.500 euro annui. Un cuoco professionale può arrivare a perdere anche 4mila euro annui, se si trova - anche senza che ne sia consapevole - a lavorare senza il dovuto riconoscimento. Questo fenomeno riguarda anche il settore terziario, ma la ristorazione è l'ambito più colpito. A Roma si creano situazioni paradossali in cui ristoranti tra loro molto simili per business e clientela, pur offrendo lo stesso servizio, applicano contratti diversi al personale e quindi ottengono risultati economici molto diversi.

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Fipe: "Stesse regole, stesso mercato"

"I contratti pirata sono una delle prime cause di insoddisfazione dei dipendenti" dice al Messaggero Sergio Paolantoni, presidente della Fipe Roma Confcommercio. "Noi come Fipe Confcommercio siamo i primi firmatari del primo contratto di lavoro nel settore della ristorazione, applicato da quasi un milione di persone in Italia, però c’è chi, usando altri contratti, non applica tutte le tutele a favore dei dipendenti e degli imprenditori". Secondo Paolantoni, chi paga il prezzo più alto è il lavoratore. "Molte volte dipendenti ignari non sanno cosa firmano - dice - e si trovano costretti a vedersi applicare delle tariffe o degli orari sballati. Fra l’altro viene inficiata anche la qualità del servizio erogata alla clientela perché non è solo un problema di insoddisfazione personale, diventa una questione di mancato aggiornamento professionale". Deve valere, dice, il principio "stesse regole, stesso mercato".

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