Vesuvio, dopo il grande incendio: cosa succede adesso?

Dopo sei giorni, una quiete rarefatta e dolorosa torna sul Vesuvio. L’incendio è stato spento: adesso si lavora per evitare che le fiamme che hanno ancora una volta sfregiato il vulcano possano re-innescarsi. Bisogna mettere in sicurezza le aree, visto che la resina dei pini andati a fuoco è altamente infiammabile. Resta la puzza di bruciato; restano i danni da contare; restano le domande che impongono risposte. Le zone colpite e gli interventi Il fronte del fuoco ha coinvolto tre aree del Parco Nazionale del Vesuvio: il Comune di Terzigno; i Comuni di Boscotrecase e Torre del Greco; i Comuni di San Giuseppe Vesuviano e Ottaviano, nella zona orientale del vulcano. Una stima precisa dei danni non è ancora possibile, servirà del tempo, ma sicuramente più dei 500 ettari di vegetazione e vigneti indicati durante i primi giorni. Ad andare in fumo anche oltre 80 ettari di riserva naturale: si tratta di una lecceta, solo lambita dalle fiamme nel precedente grande incendio del 2017. Ora, invece, è devastata. L'incendio non ha dato tregua per diversi giorni e ha impegnato oltre 100 operatori a terra tra vigili del fuoco, Protezione civile, volontari e Carabinieri forestali; in cielo, a sorvolare la zona e gettare acqua, dieci mezzi aerei tra canadair ed elicotteri. E’ stato dichiarato lo stato di mobilitazione nazionale con l’intervento della Protezione civile da altre parti d’Italia. Anche l’Esercito ha coadiuvato le operazioni, sia per garantire il presidio delle strade, sia per assicurare i rifornimenti di acqua, ma supporto fondamentale è stato fornito anche per realizzare le fasce tagliafuoco, una sorta di strisce di terreno larghe dai 10 ai 50 metri generate attraverso interventi di disboscamento, con lo scopo di bloccare l'avanzata del fuoco in caso di incendio. Si tratta di interventi realizzati in emergenza, ma come abbiamo mostrato anche in un servizio su Sky TG24 e come purtroppo spesso accade in Italia, avrebbero dovuto già essere pronti, perché la loro azione è essenzialmente preventiva. Per fortuna, l’incendio non ha minacciato i centri abitati: la zona del Vesuvio è densamente popolata. Il grande fuoco del 2017 Il problema non nasce oggi. Nel 2017 c’è stato un enorme incendio che ha letteralmente devastato l'ecosistema: in quell’occasione furono ben 3mila gli ettari in fumo. In quel caso, le fiamme lambirono le case e ci furono evacuazioni, anche di un centro per disabili. L'intero perimetro del vulcano fu percorso dalle fiamme. Le inchieste furono due: una della Procura di Napoli, per la quale finirono a giudizio tre dirigenti della Protezione civile per omissione di atti d’ufficio, mancata e adeguata programmazione e concorso in incendio colposo. Poi furono assolti da tutti i reati. L’altra inchiesta, quella della Procura di Torre Annunziata, vide una condanna nel 2021: un uomo ritenuto colpevole di aver appiccato uno degli incendi. Altri possibili responsabili restano ancora oggi nell’ombra. Nella storia del Parco, tra l’altro, non mancano precedenti legati al bracconaggio o allo smaltimento illegale di rifiuti. Le domande senza risposta Per quanto riguarda l’incendio del 2025, è stato un gesto doloso? Si sarebbe potuto evitare o limitare quello che è avvenuto? Sono tra le domande intorno alle quali stanno lavorando la Procura di Nola e la Procura di Torre Annunziata: si è svolta una riunione di coordinamento tra le due inchieste, insieme ai Carabinieri forestali e al nucleo investigativo dei Carabinieri di Torre Annunziata. Un altro elemento che colpisce, oltre alla mancanza delle fasce tagliafuoco in molte zone, è quello messo in evidenza anche dagli ambientalisti, cioè la necessità di maggiore manutenzione e la presenza di vaste aree verdi abbandonate, con vegetazione incolta e secca e rifiuti, condizione che predispone agli incendi. Il presidente del Parco Raffaele De Luca, sollecitato sulla questione, ha assicurato che da parte dell’ente sarebbero state messe in campo tutte le azioni preventive, ma esistono delle zone che sono proprietà privata e quindi ricadono fuori dalla diretta responsabilità del Parco nazionale. Poi ci sono le competenze dei vari Comuni e istituzioni, pure coinvolti nell’opera di prevenzione. Una frammentazione di competenze che non aiuta. Un altro elemento che fa riflettere è la presenza di un incendio, nella zona di Terzigno poi colpita dalle fiamme, che si era sviluppato già alcuni giorni prima di venerdì, e che sembrava essere domato. Proprio nella stessa zona, poi, si è poi sviluppato il grande fuoco che ha tormentato il Vesuvio per giorni. Un’altra suggestione riguarda poi l’aspetto delle bonifiche ambientali e del rimboschimento, che arrivano sempre puntuali, dopo questi eventi distruttivi, e che sono alimentati anche da fondi pubblici. I fari delle due Procure sono accesi.

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Gaia Bozza