Atlete incinte e licenziate. Cogliandro: “Voglio essere l’ultima”

“Tre anni fa mi sono rotta un ginocchio. Mi sono dovuta fermare, ma sono stata comunque pagata. Perché ora che sono rimasta incinta non dovrei percepire lo stipendio?”. Asia Cogliandro ha 29 anni, è una pallavolista della squadra di A1 Black Angels Perugia Volley. Ha imparato sulla sua pelle che quello tra carriera sportiva e maternità, anche per le atlete che scelgono di giocare nella massima serie, è quasi un trade-off: o l’una, o l’altra. E anche se la clausola anti-maternità è stata abolita formalmente nel 2020, la partita sui diritti e sulle tutele è ancora in corso, e le sportive italiane non possono permettersi di abbassare la guardia. Cosa è successo Cogliandro ha scoperto a gennaio di essere in dolce attesa. L’ha comunicato al Perugia Volley, ma dopo le felicitazioni iniziali ha iniziato a percepire che la sua presenza nel club a cui aveva dedicato anima e cuore per due anni era di troppo: c’era chi faceva pressioni affinché togliesse il disturbo. Non solo il suo contratto, che sarebbe scaduto a giugno 2025, non sarebbe stato rinnovato, ma dal 20 gennaio Cogliandro non ha percepito lo stipendio che le spettava come sportiva di alto livello. Le è stato proposto un 80% del totale, che ha rifiutato. “Sono andata loro incontro in tante situazioni, quindi non vedevo perché avrei dovuto scendere a compromessi quando avevo diritto al 100%. Soprattutto considerando che ho interrotto le attività appena sette settimane prima che finisse il campionato”. Inoltre è stata invitata a lasciare l'appartamento della società. Non è un caso isolato Dopo dieci anni in serie A1 è dura, soprattutto se sei una pallavolista da quando hai meno di 5 anni: “Non riesco a immaginarmi una vita senza palla”, dice. Il suo, però, non è un caso isolato: quattro anni fa era toccato a Lara Lugli, pallavolista della Volley Pordenone, che nel 2019 non solo ha visto il suo contratto rescisso, ma la società ha minacciato addirittura di farle causa per danni, scatenando le polemiche di chi da anni combatte le discriminazioni di genere nello sport. “Quella è stata una figuraccia planetaria”, dice Luisa Rizzitelli, presidente di Assist - Associazione nazionale atlete, che ora sostiene Cogliandro nella sua battaglia per la giustizia delle atlete madri. “Quell’episodio è andato sul New York Times, sul Guardian, sulla stampa estera - racconta - Per fortuna poi si è arrivati a un compromesso ma noi dicemmo ‘questa cosa ricapiterà se non si risolve una volta per tutte’, e infatti è successo”. Cosa è la clausola anti-maternità “Asia, esattamente come Lara Lugli, che è diventata un'attivista di Assist, vuole fare questa lotta non solo per se stessa, ma perché questa cosa non capiti più. Lo dice sempre: vuole essere l'ultima che sta sopportando questa cosa, perché è molto dura per una donna incinta che avrebbe tutto il diritto di stare tranquilla senza alcun peso psicologico”. Lo scenario, però, non è dei più incoraggianti. “La situazione attuale, dopo l’abolizione della clausola anti-maternità che prevedeva la rescissione immediata del contratto in caso di gravidanza, è legata alla riforma del lavoro arrivata tre anni fa e prevede che le associazioni sportive paghino atleti, uomini e donne, con un contratto di lavoro - spiega ancora Rizzitelli - La fregatura è che quasi sempre è un contratto precario”. Servirebbe, quindi, una duplice azione. “Noi per tre volte abbiamo chiesto al ministro Abodi di istituire un tavolo tecnico presso il ministero dello Sport - racconta - Non abbiamo ricevuto nemmeno la bontà di una risposta, pur essendo associazioni esperte del settore”. Spera quindi che si apra un dialogo strutturale a livello istituzionale che possa trasformare la situazione. “E poi, la nostra seconda proposta, fatta anche alla Federazione Pallavolo, è che ogni federazione istituisca una commissione interna atta a rilevare situazioni di questo tipo - dice - Affinché le atlete non si sentano sole”. Domani la Camera di conciliazione Domani Cogliandro sarà faccia a faccia con il suo ex club. Il Presidente della Lega Pallavolo Serie A Femminile, Mauro Fabris, ha convocato per martedì 5 agosto la Camera di conciliazione, uno strumento previsto dai Regolamenti di Lega per dirimere le controversie tra le parti. “Io penso che una soluzione la potranno anche trovare tra club e atleta - dice Rizzitelli - però il punto è che anche la Lega Femminile può fare la sua parte e può fare molto di più. Deve fissare delle regole che possano intanto sostituirsi a quello che sarà l'avvento di una legge. Maternità e sport: un binomio indissolubile Il punto è che quello che le società sportive di Lugli e Cogliardo vedono come un problema e una causa di estinzione degli accordi lavorativi, è la realtà di molte donne. “Il tema della maternità è relativamente giovane nello sport perché, nei decenni passati, le donne erano perlopiù ai margini del mondo sportivo e le pressioni sociali, per ovvi motivi, più forti”, spiega Marialaura Scatena, giornalista sportiva da anni impegnata a denunciare le sistematiche distorsioni che portano lo sport a riservare trattamenti diversi a uomini e donne di ogni disciplina. “Come per molti altri lavori, e il lavoro sportivo è lavoro - sottolinea - per le donne si è quasi sempre trattato di scegliere tra pratica e maternità”. Di fronte all’ennesimo episodio sessista commenta: “Negli ultimi anni se ne parla sempre più spesso [di atlete e maternità, ndr], ma l’argomento riesce a conservare un certo carattere di ‘novità’. Succede più o meno così: c’è un caso eclatante, la notizia viene fuori, si cerca di mettere una toppa, ma poi, dopo un po’, c’è un altro caso e si ricomincia da capo”. "Voglio essere l'ultima" Ma Asia Cogliandro è determinata, come solo una sportiva può essere, a chiudere il cerchio: “Io voglio essere l’ultima. Episodi di questo tipo devono finire con me”. Per questo motivo, dopo varie proposte di accordo da lei avanzate, ha deciso di denunciare il trattamento cui era stata sottoposta rilasciando un’intervista a La Stampa che ha fatto arrabbiare i vertici della società e anche qualche tifoso: “Molte persone non mi hanno capita: la mia intenzione non era quella di ‘fare casino’. Ho denunciato perché ho detto: questa roba non deve ripetersi”. Per fortuna, infatti, c’è anche chi le ha dato il suo pieno supporto, sia nella tifoseria che tra colleghi e colleghe, che tra le attiviste e gli attivisti che si sono raccolti intorno ad Assist. Il suo caso, come quello di Lugli, può magari spingere verso trasformazioni strutturali. Ne è convinta Scatena, che in fin dei conti si dice ottimista “Un po’ di strada è stata fatta, si sta facendo - dice - solo che è come stare su una biciclettina a cui hanno tolto una sola rotella: ancora non siamo in pieno equilibrio”.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Atlete incinte e licenziate. Cogliandro: “Voglio essere l’ultima”

Agnese Ranaldi