Cassazione, stop espulsione immigrato irregolare che riconosce il figlio della convivente

Cronaca

La Suprema corte ha accolto il ricorso di un cittadino straniero contro la decisione del giudice di pace di negare lo stop temporaneo all’espulsione amministrativa

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Non può essere espulso l’immigrato irregolare che riconosce il figlio, minore di sei mesi, della sua convivente. Lo ha stabilito la Cassazione con una sentenza che allarga anche al padre convivente la tutela prevista per le coppie sposate. La Suprema corte ha accolto, dunque, il ricorso di un cittadino straniero, presente irregolarmente sul territorio italiano, contro la decisione del giudice di pace di negare lo stop temporaneo all’espulsione amministrativa perché non sposato e dunque con un figlio nato fuori dal matrimonio. Per il giudice di pace mancavano anche lo stato di famiglia e la prova della convivenza. Particolare quest’ultimo che la Cassazione ritien irrilevante, perché vista la situazione di irregolarità del neo-padre e della compagna, il cui permesso era scaduto, la condizione di more uxorio non poteva risultare. 

L'orientamento della Costituzione

La Cassazione corte, nell’accogliere il ricorso, guarda alla Costituzione e alla giurisprudenza sovranazionale della Cedu. La Consulta, con la sentenza 376/2000, ha bocciato la norma che garantiva solo alla madre, di un figlio entro i sei mesi, la possibilità di non essere espulsa, estendendo la tutela anche al marito e padre del bimbo. Per i giudici, consentendo l'espulsione del marito convivente, si mette la donna straniera che si trova nel territorio dello Stato in una drammatica tra il alternativa seguire il marito espulso all'estero e l'affrontare il parto e i primi mesi di vita del figlio senza il sostegno del coniuge.

 

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