Era attesa per oggi, ma slitta al prossimo 19 giugno, la sentenza della Corte d'Appello di Roma in relazione ai depistaggi che seguirono la morte del 31enne avvenuta il 15 ottobre del 2009. Sono otto i carabinieri imputati nel processo
Slitta al prossimo 19 giugno la sentenza della Corte d'Appello di Roma in relazione ai depistaggi che seguirono la morte di Stefano Cucchi, avvenuta il 15 ottobre del
2009. Sono otto i carabinieri imputati nel processo "Cucchi ter" a cui la procura generale contesta, a vario titolo e a seconda delle posizioni, le accuse di falso, omessa denuncia, calunnia e favoreggiamento. Inizialmente la sentenza era attesa per oggi.
Ilaria Cucchi: "Responsabilità gravissime"
In un post sui social, Ilaria Cucchi, sorella di Stefano e senatrice di Sinistra Italiana, alla vigilia della sentenza aveva scritto che oggi sarebbe stata giudicata "la ‘scala gerarchica’ dell’Arma dei Carabinieri di Roma. I vertici che hanno nascosto la verità, scritto il falso e depistato le indagini per garantire l’impunità degli assassini di Stefano Cucchi, consentendo che fossero processati agenti della Polizia Penitenziaria al loro posto. Così hanno inteso garantire lo spirito di corpo e salvaguardare l’onore dei propri sottoposti". Ilaria Cucchi aveva poi ricordato: "Le loro responsabilità sono gravissime. Due Comandanti Generali hanno voluto manifestarmi la loro vicinanza, e uno in particolare si è scusato con me e con tutta la mia famiglia. Si sono costituiti parte civile al nostro fianco. Anche l’ex ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha voluto riceverci e porgerci le sue scuse, dopo che un suo predecessore, subito dopo la morte di mio fratello, aveva pubblicamente dichiarato che i Carabinieri non c’entravano. E invece c’entravano eccome. La scala gerarchica aveva già scritto le cause della sua morte quando il corpo di quel povero ragazzo era ancora caldo e l’autopsia non era nemmeno terminata". Poi la donna ha sottolineato che sono passati 16 anni dai fatti: "I reati ormai sono tutti prescritti. E a me sta bene così. Sta bene perché, se verrà dichiarata la prescrizione, non potranno più indossare la divisa che portano, né, peggio ancora, fare carriera. So però che per loro non basta evitare di scontare gli anni di reclusione cui sono stati condannati. No. Loro vogliono fare carriera e recuperare il ‘prestigio’ di cui sono stati privati. Di noi, comuni cittadini, non importa loro nulla. Vorrei tanto poter portare mio padre in quell’aula domani, affinché potessero vedere quell’uomo, superstite di una famiglia che amava più di ogni altra cosa al mondo. Costringerli a confrontarsi con la sua dignità enorme, tanto quanto la sua sofferenza, mai esibita. Ma non potrò farlo. Spero con tutto il cuore che tutti i Carabinieri e gli agenti della Penitenziaria, nei quali ripongo la massima fiducia, possano domani essere ben distinti da quelle persone".
