
Nell'ambito del processo legato all'omicidio della segretaria del commercialista Marco Soracco, uccisa nel 1996 a Chiavari (Genova), spunta una testimonianza particolare. E' quella del fratello di Annalucia Cecere, imputata per il delitto, il quale parlando fuori dall'aula con i giornalisti, ha detto: "Mia sorella può avere ucciso. Se viene contraddetta diventa di una cattiveria impressionante. Se Nada quel giorno le ha risposto male, magari ha cominciato a colpirla"
C'è un colpo di scena nell'ambito del processo legato all'omicidio di Nada Cella, la segretaria del commercialista Marco Soracco uccisa nel 1996 a Chiavari (Genova), ancora oggi senza una soluzione. Al dibattimento in corso nel capoluogo ligure contro Annalucia Cecere, imputata per il delitto, oggi è stato sentito il fratello Maurizio, il quale, parlando fuori dall'aula con i giornalisti, ha ammesso: "Mia sorella può avere ucciso. Se viene contraddetta diventa di una cattiveria impressionante. Se Nada quel giorno le ha risposto male, magari ha cominciato a colpirla". Una testiomonianza, questa, che ora può spostare la tesi dell'accusa, secondo cui il killer avrebbe ucciso per un raptus di gelosia. In aula, l'uomo però ha detto altre cose, confermando solamente che la sorella è una donna irascibile.
La testimonianza dell'ex fidanzato
Maurizio Cecere, infatti, ha spiegato che, dopo avere saputo che le indagini erano state riaperte e la sorella era coinvolta, ha iniziato a porgerle alcune domande. "Mi ha detto che non era stata lei a ucciderla. Lei non voleva parlare al telefono, mi diceva che poteva essere intercettata e mi chiamava con telefoni non suoi. E' sempre stata una donna irascibile, che si arrabbiava se la contraddicevi. Se ha sbagliato deve pagare". Nel dibattimento è intervenuto anche un ex fidanzato della donna, Adelmo Roda. "Era possessiva e gelosa, quando si arrabbiava era impossibile farla ragionare. Era esplosiva a livello di parole. Mia madre disse che dovevo lasciarla perché aveva un figlio. Ho continuato a vederla quando ci lasciammo, ci vedevamo alla Dolce Vita a ballare. Io andavo con la mia comitiva, lei con la sua. L'ho vista anche con Soracco. Quando sono state riaperte le indagini mi cercò: continuava a farmi domande sulla nostra relazione, continuava a dire che era finita dopo l'omicidio di Nada, ma in realtà era finita prima".
Il ruolo dei bottoni
Tra le prove non più in possesso degli inquirenti c'è un bottone di una giacca che l'imputata, secondo l'accusa, aveva perso sul luogo dell'omicidio. Bottoni simili a quello trovato tra il sangue della vittima erano anche a casa della Cecere ma in seguito scomparvero. "Per quanto riguarda i bottoni sapevo che li aveva tolti dalla mia giacca perché le piacevano. Ma io quella giacca l'avevo ripresa quando era finita la nostra storia, quindi prima dell'omicidio" ha detto in aula l'ex fidanzato.
