Come leggere la sentenza Turetta: il confine tra legge e indignazione sociale

Le 143 pagine di motivazioni con cui i giudici della Corte d'Assise di Venezia hanno condannato all'ergastolo Filippo Turetta - reo confesso dell'omicidio della ex fidanzata poi gettata in un dirupo in Friuli, l'11 novembre 2023 – hanno scatenato diverse polemiche e l’indignazione della società civile sia quella, bipartisan, della politica: dalla Lega a Forza Italia fino ad Avs e M5s. Il provvedimento ha escluso dai capi d'accusa lo stalking e la crudeltà e proprio quest'ultimo è diventato il casus belli, con il riferimento alle 75 coltellate inflitte alla vittima. I giudici hanno sottolineato che la dinamica dell'omicidio di Giulia non permette di "desumere con certezza" che Turetta volesse "infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive" che caratterizzano l'aggravante. Per i magistrati "non è a tal fine valorizzabile, di per sé, il numero di coltellate inferte", non sarebbe stato "un modo per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima" ma "conseguenza della inesperienza e della inabilità" di Turetta. Parole a cui ha reagito duramente la sorella della vittima, Elena Cecchettin, che a caldo ha detto: "Una sentenza simile, con motivazioni simili in un momento storico come quello in cui stiamo vivendo, non solo è pericolosa, ma segna un terribile precedente". Cosa dice la Cassazione sull’aggravante della crudeltà Il procuratore capo del Tribunale di Tivoli, Francesco Menditto, intervenendo nella puntata di Timeline del 10 aprile, ha spiegato però che per interpretare correttamente le decisioni dei giudici che hanno portato a questa sentenza “dobbiamo fare una scissione necessaria”. Da una parte ci sono le persone, i cittadini, che, “con la loro sensibilità e il proprio modo di pensare”, ovviamente ritengono che accoltellare a morte con un numero molto alto di fendenti sia un “atto di crudeltà”. Dall’altra, i giudici, “che devono applicare i criteri stabiliti dalla legge”. E la Corte d’Assise che ha scritto la sentenza su Turetta, come qualsiasi altra corte, deve seguire “la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che dice con molta chiarezza – può piacere o no – che nel reato di omicidio, che di per sé è un fatto efferato, l’aggravante della crudeltà esiste, ma per averla bisogna aggiungere una sofferenza ulteriore rispetto all’evento morte, una sofferenza maggiore per la vittima. È brutto da dire, ma è così che devono pensare i magistrati”. Perché non sono state date le attenuanti generiche Menditto ha sottolineato anche un altro aspetto della sentenza. A Turetta non sono state date quelle “attenuanti generiche che in un terzo dei casi i giudici fanno per abbassare la pena”. Per motivare questa scelta, i giudici hanno scritto: "L'efferatezza dell'azione, della risolutezza del gesto compiuto e degli abietti motivi di arcaica sopraffazione che tale gesto hanno generato: motivi vili e spregevoli, dettati da intolleranza per la libertà di autodeterminazione della giovane donna, di cui l'imputato non accettava l'autonomia delle anche più banali scelte di vita". Per il Procuratore di Tivoli: "In questa frase la Corte ha capito cosa è il femminicidio, ci ha fatto intendere che dietro questo tipo di eventi c’è la volontà dell’uomo di annientare la donna perché non accetta la sua scelta di autodeterminazione e di libertà". Menditto specifica che "questa frase corrisponde esattamente al disegno di legge che prevede il femminicidio come reato tipico e che sarà un grosso passo avanti, soprattutto se sarà approvato all’unanimità”. In poche parole, "i giudici hanno capito il momento storico in cui viviamo". l'ATTIVISTA FRANCESCA Cavallo: “Questa sentenza è stata un enorme progresso” Sulla stessa linea anche Francesca Cavallo, scrittrice, attivista e imprenditrice italiana che si impegna per la parità di genere e i diritti LGBTQ+. Parlando della sentenza che ha generato così tanta indignazione, nel suo intervento a Timeline ha spiegato che se è “scritta in un modo così preciso che fotografa il fenomeno del femminicidio tanto bene, è anche per il lavoro che la famiglia Cecchettin è stata in grado di fare mettendo a disposizione del Paese il suo dolore personale per la perdita di Giulia”. La scrittrice specifica che per far arrivare “la giurisprudenza a raccontare che il femminicidio avviene in un clima culturale di un certo tipo, c’è stato un lavoro di tantissime persone, per cui bisogna riconoscere che questa sentenza è un progresso importante e dà gli strumenti ai magistrati per inquadrare in maniera corretta” questo tipo di reato. Sulle polemiche che si sono generate, Cavallo ha spiegato di capirle “come una risposta al trauma, ma questa non può diventare una posizione politica. Perché questo entra in conflitto con lo Stato di diritto. E non c’è un quadro normativo per proteggere i diritti umani al di fuori dello Stato di diritto”. Menditto: “La svolta quando il femminicidio diventerà reato" Menditto ha aggiunto che “non c’è bisogno di cambiare la norma sulla crudeltà”, perché quando sarà “approvato il femminicidio come reato - ma non diamolo per scontato perché qualcuno è ancora contro - automaticamente si genererà nella giurisprudenza un’evoluzione nel verificare le ragioni del femminicidio e dell’uccisione della donna in quanto donna, e anche la crudeltà potrà essere rivista in un’ottica di violenza di genere”. Il procuratore di Tivoli ha specificato che la relazione della Commissione femminicidio della passata legislatura “ci dice con chiarezza come i magistrati valutano in maniera un po’ tradizionale il termine ‘crudeltà’ e come invece bisognerebbe cercare la violenza di genere perché quella crudeltà viene esercitata in una modalità particolare: l’uomo vuole punire la donna in modo talmente grave per il suo gesto di autodeterminazione. Secondo me la giurisprudenza ci può arrivare, sono fiducioso”.

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