Seveso 2024: l'opera incompiuta

Lo scorso 5 settembre è solo l’ultima volta, in ordine di tempo. All’alba, per sei ore di fila, su tutto l’hinterland milanese cadono fino a 100 mm d’acqua. Il fiume Seveso, che a Milano scorre nel sottosuolo, fuoriesce dai tombini ed esonda ancora. Per la terza volta nel 2024. Come ormai succede da oltre cinquant’anni. L'esempio del torrente Lura "Il suolo di Milano è ormai completamente impermeabilizzato dal cemento – dice Gianni Del Pero, geologo e presidente del WWF Lombardia – Se vogliamo capire come affrontare, più in fretta e spendendo meno, le piene del Seveso, dovremmo venire qui". Del Pero ci accompagna nel Comasco, nel territorio tra i comuni di Lomazzo e di Bregnano. Siamo all’interno dell’area di laminazione del torrente Lura, che nel Seveso non ci arriva perché sfocia più a sud, in un canale artificiale che porta al Ticino. Eppure, le dinamiche dietro alle sue piene sono le stesse del Seveso. Da quando esiste questa area di laminazione, Saronno – qualche chilometro più a valle – sott’acqua non ci va più. "In un’epoca di eventi estremi sempre più frequenti dobbiamo consentire ai fiumi di raccogliere l’acqua in eccesso e dobbiamo lasciarli sfogare in aree naturali, permeabili. Che un fiume esca dagli argini quando piove troppo è normale, oserei dire naturale. Dobbiamo solo evitare che questo crei un problema all’uomo. Sul Lura è stata creata un’area di laminazione naturale, semplicemente scavando, seguendo l’orografia del territorio. Il terreno è permeabile, la quota di cemento utilizzata è minima". Messa in sicurezza La messa in sicurezza dei fiumi, in Lombardia, si fa. E in molti casi la si fa con ottimi risultati. Il Lura ce lo racconta, con il suo invaso integrato nell’ambiente, con la sua area di laminazione naturale studiata e realizzata sfruttando la conformazione del suolo. Perchè allora, quando piove, il Seveso esonda ancora? In fondo a rischio c’è una metropoli come Milano. Dal 1975 a oggi il Seveso è esondato a Milano 120 volte: mediamente 2,5 volte all’anno – dice il sito di Palazzo Marino. Due, tre volte all’anno certe zone della città vanno sott’acqua. Tecnicamente si dice: tempo di ritorno di 4-6 mesi. Di per sé, un buon motivo per difendersi. Le vasche di laminazione Si è pensato a grandi vasche di laminazione nei punti strategici del bacino del fiume. Niente di particolarmente complicato: in sostanza degli enormi vasconi in cui convogliare l’acqua di piena eccedente. E lungo il canale scolmatore di nordovest, a Senago, fu pensata la struttura più importante. Un progetto finanziato da Regione Lombardia e dal Comune di Milano, ma in gran parte da soldi dello Stato. Il governo Renzi nel 2014 sbloccò il finanziamento per le vasche. In ordine di importanza, quelle di Senago, Paderno Dugnano-Varedo, Lentate e infine quella all’interno del Parco Nord di Milano, al confine con il comune di Bresso. PArco nord Dal vecchio ponte sul Seveso, all’interno del Parco, si vede l’unico tratto del fiume in città che è rimasto non tombinato: i 300 metri che vanno dall’ingresso della vasca di laminazione al ponte di via Ornato, in corrispondenza del quale il Seveso si infila definitivamente sotto il cemento di Milano. Che è poi, paradossalmente, il motivo per cui il fiume esonda, quando la portata sale oltre un certo limite: l’acqua non sta più negli argini sotterranei e tracima dai tombini. A Bresso, tanto per cambiare, si è optato di nuovo per una colata di cemento. Nonostante gli spazi per scavare invasi naturali, all’interno di un Parco, certamente ci siano. È qui l’unica vasca dell’intero sistema di protezione del Seveso ultimata e funzionante. Il progetto Un piano di messa in sicurezza che complessivamente ha ricevuto, all’epoca, 173 milioni di euro. Che sono poi lievitati a quasi 200 a causa dei successivi micro-progetti di laminazione a monte, verso le sorgenti nel Comasco. Il cronoprogramma dell’intero sistema di protezione di allora diceva: inizio lavori giugno 2015, fine lavori giugno 2016. "Cominceremo finalmente a fine ottobre" ci disse l’allora assessore al Territorio di Regione Lombardia Viviana Beccalossi proprio nel 2016, quando i lavori purtroppo non erano ancora neppure iniziati. E che due anni prima, alla sigla del cronoprogramma, aveva garantito partenza immediata dei lavori: "Investimenti per 90 milioni di euro – aveva detto Beccalossi a dicembre 2014 – saranno disponibili praticamente da subito". Dieci anni dopo Oggi, dopo l’erogazione dei fondi di opere pubbliche che avrebbero dovuto essere concluse due anni dopo, dove sono finiti questi soldi? Torniamo in Regione Lombardia, dieci anni esatti dopo. A Gianluca Comazzi, attuale assessore le cui deleghe comprendono anche la messa in sicurezza dalle esondazioni, chiediamo cosa dice ai milanesi che non ne possono più. "Io sono uno di quei milanesi – dice Comazzi – perché vivo da sempre nel quartiere Niguarda e quindi, fin da bambino, ho vissuto sulla mia pelle le esondazioni del Seveso. Credo che si debba essere molto chiari nella comunicazione e non illudere nessuno. Probabilmente chi all’epoca ha fatto delle promesse non ha considerato poi i tempi purtroppo della burocrazia e anche di questi ricorsi che hanno rallentato molto". Una delle preoccupazioni che hanno ritardato la realizzazione degli impianti di laminazione era quella che le acque fossero sporche, maleodoranti o addirittura inquinate. Accumulate necessariamente dentro invasi impermeabili, con il timore che inquinassero la falda. Torniamo allora al torrente Lura. "Nell’area di laminazione è stata prevista anche la depurazione – ci spiega Del Pero – Una depurazione completamente naturale, per infiltrazione dell’acqua nel terreno. Nella parte con la quota più bassa c’è un piccolo lago, che svolge una funzione depurativa semplicissima: la vegetazione, il canneto, assorbe dall’acqua eventuali elementi inquinanti. La funzione depurativa diventa complementare alla funzione idraulica. E l’intera area può essere fruita come parco naturale". Chissà a che costi è stato realizzato un progetto del genere, obiettiamo: "A parità di costi – sorride Del Pero – possiamo realizzare aree di laminazione che sono il doppio in termine di volume sfruttabile". Come dire: progetto ecosostenibile, che fa felice i residenti e che, a parità di assorbimento di volume idrico, costa la metà. Il punto sui lavori A proposito di costi: dove sono finiti i 200 milioni dei contribuenti stanziati in questi anni per il Seveso? "Le due vasche di Senago – ci dice l’assessore Comazzi – saranno pronte entro l’estate del 2025, subito dopo entreranno in funzione. Nel 2026 avremo pronta la vasca su Lentate". I lavori, a Senago, li abbiamo monitorati anno dopo anno, fin dall’inizio. Mai una volta siamo riusciti a entrare nell’area di cantiere. Quest’anno però troviamo i cancelli spalancati. Il sistema di vasche di laminazione, a Senago, è un’opera di alta ingegneria idraulica, non c’è che dire. L’acqua in eccesso del Seveso viene incanalata nel canale scolmatore di nord-ovest, che prosegue il suo corso fino al Ticino. Quando la portata del Seveso diventa critica inizia il riempimento di un sistema di tre vasche – le prime due sono quelle che saranno pronte e funzionanti l’anno prossimo, la terza non è neppure cominciata – che verranno svuotate con delle pompe idrauliche al termine dell’evento. Eppure, l’intero sistema di messa in sicurezza, pensato nel 2014 dopo la disastrosa piena di luglio, prevedeva in tutto quattro siti con vasche di laminazione a monte di Milano. Nel caso si ripresentasse un evento come quello del 2014 viene il sospetto che gli 870mila metri cubi di volume d’acqua che Senago è in grado di assorbire siano pochi in confronto ai 5 milioni di metri cubi calcolati per una ragionevole messa in sicurezza. "No, Senago non basterebbe – ci conferma l’ingegnere Immacolata Tolone, dirigente della Difesa del suolo in Regione Lombardia – Ci sarebbero ancora effetti sulla città. Solo con la realizzazione delle quattro opere un evento eccezionale può essere mitigato". Il bilancio Facciamo due conti. I dati sono disponibili sul sito della Regione. Le due vasche di Senago, costo 46 milioni per 900mila metri cubi di volume, saranno pronte una a metà 2025 , l’altra a fine 2026. Forse, visto che non è ancora iniziata. E a fine 2026 sarà pronta allo stesso modo la vasca di Lentate sul Seveso, 27mila euro per 800mila metri cubi. Almeno questa la previsione del dipartimento difesa del suolo di Regione Lombardia. Che invece sulla vasca di Paderno Dugnano-Varedo – quasi 3 milioni di metri cubi di invaso da 92 milioni che sono appena diventati 105 – neanche riesce a dare dei tempi. Dunque, ricapitolando: dei quattro impianti da 5 milioni e rotti di metri cubi che il piano del 2014 prevedeva di consegnare due anni dopo, ne è attualmente pronto uno. Quello di Bresso: 250mila metri cubi. Il 5 % del volume totale. Delle quattro, la struttura meno utile. Perché è la più piccola e perché è completamente impermeabile. "Nel momento in cui noi dovessimo completare tutti gli interventi sul Seveso – dice provando a rassicurarci l’Assessore Comazzi – quindi arrivare alla laminazione complessiva di 5 milioni di metri cubi, la proiezione che i nostri tecnici ci danno sui tempi di ritorno del Seveso è quella di 100 anni". Chissà perché non ci viene da sorridere.

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