Napoli, un anno dalla morte di Gennaro Giordano. Il padre: “Mobbizzato perché gay”
CronacaGennaro Giordano si è tolto la vita un anno fa a Napoli, dopo aver denunciato in lettere le discriminazioni subite sul lavoro. La Procura indaga per istigazione al suicidio, ma la famiglia attende ancora risposte. Tra i misteri, il cellulare aziendale trovato azzerato dei dati
Chiede verità e giustizia Armando Giordano per suo figlio Gennaro, morto suicida a Napoli esattamente un anno fa, il 2 dicembre 2023, lanciatosi nel vuoto dall'appartamento dove abitava. “Mio figlio si è ucciso a causa del mobbing, per le pressioni che subiva sul lavoro perché era gay”, ha riferito il padre all’Ansa.
Un gesto estremo, preceduto da lettere in cui Gennaro aveva scritto di suo pugno i nomi di coloro che gli avevano reso la vita a tal punto impossibile da renderla insopportabile. La Procura di Torre Annunziata ha avviato un’indagine per istigazione al suicidio, ma, come ha sottolineato il padre, “nonostante sia passato tutto questo tempo e ci sia un'indagine ancora in corso, noi, mia moglie e i miei figli, ancora non sappiamo se ci siano effettivamente delle responsabilità per quello che è accaduto”.
Le lettere di Gennaro: accuse e dolore
Prima di lanciarsi nel vuoto dall'abitazione dove viveva adiacente a quella della sua famiglia, intorno alle 20 del 2 dicembre 2023, Gennaro aveva lasciato alcune lettere con parole d'amore rivolte ai parenti e agli amici, raccomandazioni per i suoi due amati cani, ma anche, e soprattutto, precise accuse nei confronti di chi individuava come i responsabili della sua prostrazione.
"Con il nuovo capo, la situazione non è cambiata - si legge in una delle lettere - anzi, lui perseguita tutto ciò che non rientra nel suo bigottismo, per lui donne e omosessuali sono esseri inferiori, mi sento prigioniero in questa vita..." e ancora "non voglio che vi rattristiate, adesso starò bene... sarò vicino a tutti quelli che mi sono stati di sostegno... non datevi colpe, sono io, entrato in un loop depressivo da cui non so uscirne, fatela pagare a...". Tra le righe emerge il ritratto di un ambiente lavorativo ostile, segnato da discriminazioni e pressioni, ma anche la volontà che quel gesto non rimanga impunito. "Le sue lettere manoscritte rendono chiaramente il malessere e la fragilità che lo attanagliavano, frutto di quello che subiva a causa della sua omosessualità", ha sottolineato la famiglia. In quel testamento ricorda anche di avere fatto inutilmente ricorso a una terapia psicologica, con ansiolitici e altri farmaci analoghi, per stare meglio. "Fin quando ha potuto Gennaro ha sopportato ma alla fine si è arreso”, ha aggiunto Armando Giordano.
Il mistero del cellulare aziendale
Tra i dettagli ancora avvolti nel mistero c’è il cellulare aziendale di Gennaro, che era custodito nel suo armadietto chiuso con un lucchetto che però venne aperto. Il telefono è stato successivamente consegnato al fratello di Gennaro ma completamente azzerato dei suoi dati.
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