Poti Pictures, come diventare star di Hollywood con disabilità

Cronaca
Andrea Ceredani

Andrea Ceredani

Nata per gioco sulla vetta di una montagna aretina, la prima casa di produzione cinematografica sociale al mondo è ormai una realtà che realizza film con budget plurimilionari. Gli attori sono sempre più numerosi e ogni anno ne vengono formati altri dall’Academy. “C’è tanto studio dietro a set e sceneggiature – spiega a Sky tg24 il regista Daniele Bonarini – ma sono attori che hanno la stessa dignità degli altri per poter stare su un palcoscenico ed emozionare gli spettatori”

 

 

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Larga, piano americano, dettaglio. Un cowboy entra in scena con la pistola, l’altro lo aspetta imbracciando il fucile. Non è la sceneggiatura di un film di Sergio Leone ma quella di “Uonted!”, cortometraggio italiano che ha collezionato 32 premi in rassegne internazionali ed è stato selezionato per due festival del circuito Bafta. La particolarità? Che gli attori sono tutte persone con disabilità intellettive.
“Chi recita è una persona, non una persona con disabilità – spiega il regista Daniele Bonarini – Sono attori che provano le stesse emozioni, sogni e paure degli altri. Per questo, hanno uguale dignità per poter stare su un palco ed emozionare lo spettatore”. Con questo spirito, la casa di produzione Poti Pictures è passata in pochi anni da girare corti amatoriali a gestire set con budget che superano il milione e mezzo di euro. Oggi gli sponsor, i riconoscimenti e l’esperienza acquisita nel tempo consentono al marchio sociale di formare, in quella che chiamano Poti Pictures Academy, vere e proprie classi di attori con disabilità intellettive che solcheranno da professionisti i futuri palcoscenici italiani.

"Era tutto un gioco"

Tutto nasce sull’Alpe di Poti, una montagna in provincia di Arezzo. Lì, da decenni una comunità accompagna in vacanza un gruppo di ragazzi con disabilità. Con loro, sulla vetta, Daniele Bonarini si è sempre divertito a girare brevi filmati. “Erano parodie di film famosi – spiega – E servivano solo a noi e agli amici per farsi una risata”. L’espediente è piaciuto a tutti: attori, famiglie ed educatori. Che non hanno mai smesso di impugnare la videocamera e riprendere i ragazzi. “Ci trovavamo ogni domenica a casa dell’uno o dell’altro, ma anche in boschi con cavalli o dentro a castelli per girare questi corti e lungometraggi che scimmiottavano i grandi film hollywoodiani”. Sono bastati pochi anni perché la cosa diventasse seria: in provincia si è sparsa la voce e gli attori sono subito aumentati di numero. Il gioco era diventato una casa di produzione, che attendeva solo la sua registrazione: così nel 2015, con l’aiuto della cooperativa Il Cenacolo, nasce la Poti Pictures. “Nel momento in cui abbiamo registrato il marchio, eravamo la prima casa di produzione cinematografica sociale al mondo”.

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I premi internazionali

Gli attori sognano: “Il mio obiettivo è Hollywood”, sintetizza Paolo, protagonista di numerosi cortometraggi Poti Pictures. E l’ambizione non manca neppure ai produttori, che dal primo momento hanno candidato i film in decine di rassegne internazionali. Non senza soddisfazioni. “Il premio più bello è stato a Brighton – ricorda Paolo – Mi sembrava di essere come Roberto Benigni: salire sul palco e ritirare l’Oscar. È stato fichissimo”. Da quel momento, è stata una vera e propria pioggia di premi: “Uonted!” è il film più apprezzato dalla critica che ha vinto statuette anche oltreoceano. “Spesso mi sento una star – racconta Tiziano, co-protagonista del corto – Gli attori fanno fotografie e firmano autografi. Potrei farlo anche io, perché in fondo lo faccio di lavoro”.

Un set costruito ad hoc

“Quando sono sul set mi sento il cuore che fa bum, bum, bum e il nodo alla gola”. Tiziano è completamente a suo agio davanti alla macchina da presa e registra le sue scene in pochissimi ciak. “Un tempo non era così, ma adesso gli attori sono formatissimi e velocissimi. Nell’ultimo set professionale, si sono stupiti gli operatori che non sono abituati a lavorare con persone con disabilità intellettive”. Alle spalle c’è un lavoro certosino che termina con l’allestimento del set, ma comincia con la stesura di una sceneggiatura ad hoc. “Si parte dalle persone e non dalle storie”, sintetizza Bonarini. Il confronto con l’industria cinematografica, però, ha messo spesso a dura prova la casa aretina: “Durante riprese dove stanno oltre 40 persone che non hanno mai avuto a che fare con le disabilità, ci siamo scontrati con molti problemi oggettivi. Non è facile da gestire”.

L'Academy per tutti

Così, gli sforzi della Poti Pictures si sono rivolti all’Academy. Dove formare nuove classi di attori e professionisti già pronti a girare film in autonomia. “Le bastonate e le porte in faccia erano frequentissime per noi. Ci siamo interrogati a lungo per capire come riuscire a entrare nel mondo dell’industria cinematografica senza venire meno a quella dignità che cercavamo”. E una delle risposte è stata proprio la scuola, che culmina per ogni classe con la produzione di un cortometraggio professionale. Il primo di una carriera da attori appena sbocciata.

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