19enne ucciso a Napoli, cosa è successo quella notte
CronacaLa scarpa costosa pestata, il litigio, gli sguardi, la pistola: ecco la ricostruzione di quella notte, stando alle testimonianze e a quello che emerge dall'inchiesta. Il 17enne accusato dell'omicidio di Santo Romano avrebbe litigato, poco prima, anche con un altro ragazzo, puntandogli la pistola sotto il mento: lui nega, ma un testimone lo riconosce. Alle spalle del giovane, una lunga serie di problemi con la giustizia. Una perizia psichiatrica in un altro procedimento lo giudicava non imputabile.
Le scarpe, di un noto marchio di alta moda, che un amico di Santo Romano aveva inavvertitamente pestato erano costate 500 euro. E per questo il 17enne è andato su tutte le furie. Lo ammette lui stesso, stando agli atti, precisando che però, secondo la sua versione, gli sarebbe stato dato un calcio che gli avrebbe sporcato le costose scarpe, nella calca del fine settimana in Piazza Capasso a San Sebastiano al Vesuvio, luogo di ritrovo di adolescenti e giovani. Da qui sarebbe nato il litigio culminato nel sangue. L’ordinanza di convalida del fermo ripercorre il film di quella notte, l’ultima per Santo Romano, 19enne con la passione per il calcio, portiere in una squadra di Eccellenza, il Micri calcio, freddato a mezzanotte e mezza circa da un colpo in pieno petto e morto poco dopo, nella folle corsa in ospedale. L’amico che era con lui è stato ferito a un gomito, per fortuna senza gravi conseguenze.
Cosa dicono le testimonianze: il film di quella notte
Le testimonianze parlano di un litigio che sembrava terminato, con il 17enne, assistito dall’avvocato Luca Raviele, che si rimetteva nell’auto intestata al padre, che tra l'altro guidava senza patente e sulla quale è stato fermato già una volta ad agosto scorso. Del resto, la usava abitualmente, ha dichiarato con nonchalance il padre agli investigatori. Salito in auto, il 17enne avrebbe però continuato a fissare con aria minacciosa le vittime e i loro amici, secondo quello che racconta un testimone. Santo avrebbe alzato un braccio, da lontano, come a voler lanciare qualcosa, si sarebbe avvicinato all’auto insieme all’amico, avrebbe urlato “scendi dalla macchina” al 17enne, lui ha estratto la pistola e ha colpito al petto il 19enne. Un altro sparo ha colto l’amico al gomito. Qui le versioni non collimano: l’arrestato parla di legittima difesa, dopo essere stato aggredito con una pietra lanciata verso l'auto e poi da un gruppo di giovani che avrebbero circondato la macchina; uno tra loro avrebbe mostrato un coltello, ma nessuno dei testimoni interpellati parla di queste circostanze. In un fotogramma estratto dalle immagini di videosorveglianza, gli investigatori riconoscono la vittima mentre alza un braccio, da lontano, come a voler lanciare qualcosa accennando a una leggera corsa. Ma nessun testimone parla di pietre né di coltelli. C’è invece un testimone che riconosce il presunto killer e descrive un pericoloso precedente: un altro litigio avvenuto poco prima dell’omicidio, alle 23, che sarebbe culminato con una pistola puntata al mento di un ragazzo col quale stava litigando. Ma il 17enne nega.
Le ore dopo l'omicidio
Cosa ha fatto dopo l’omicidio? La madre ha raccontato agli investigatori che non lo vedeva dalle quattro e mezzo del pomeriggio, e di averlo casualmente incontrato verso le 00.50 nella stessa strada di Napoli est nella quale è stato poi trovato dai carabinieri. Lui, all’una di notte, le avrebbe chiesto venti euro per andare in pizzeria. Ma non è in pizzeria che è andato, la notte del 2 Novembre. Come ha poi raccontato, è andato ai “baretti” di Chiaia, zona di movida della cosiddetta “Napoli bene”, dove si è sbarazzato della pistola e della scheda telefonica. Lui dice: “Per non essere disturbato da chi voleva sapere cosa fosse successo”. E forse è sempre per non essere disturbato che non è tornato a casa: i carabinieri lo trovano il pomeriggio del giorno dopo in un appartamento dello stesso quartiere, insieme a un altro minorenne. Durante la perquisizione viene trovata anche della marjiuana con un bilancino di precisione. Del resto, il giovane arrestato ha già diversi procedimenti in corso e una condanna per droga, per la quale ha scontato circa un anno nel carcere minorile, dal quale è uscito a maggio scorso.
I disturbi psicologici e i problemi con la giustizia
Durante l’udienza di convalida, il suo legale ha presentato alcuni documenti che attestano problemi psichiatrici. In particolare, una consulenza tecnica chiesta da un pm nell’ambito di un altro procedimento, che risale ormai a qualche anno fa. La madre decise di denunciarlo, dopo una serie di comportamenti violenti: era stata minacciata anche con un coltello. Durante quella vicenda fu attestata una serie di problemi psichiatrici relativi alla gestione delle reazioni che avrebbe determinato una parziale incapacità di intendere e volere. Tanto è vero che l’allora 15enne venne giudicato non imputabile. Ma anche potenzialmente pericoloso, è scritto nero su bianco. Da allora, l’udienza preliminare non è stata ancora fissata e il fascicolo attende. Secondo il gip che ha convalidato il fermo per l'omicidio di Santo Romano, questa incapacità non emerge dal suo comportamento, che appare invece lucido. C'è un dato di fatto: il ragazzo, negli anni, è passato da autorità sanitaria, assistenti sociali, comunità e Tribunale dei minori; ma poco è cambiato, fino alla notte scura del 2 Novembre, quando tutto è precipitato in maniera irrimediabile.