Giovane ucciso nel Napoletano, il 17enne fermato ha confessato

Cronaca
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Nella notte tra venerdì e sabato, a San Sebastiano al Vesuvio, il minorenne (da poco scarcerato) ha ucciso con un colpo di pistola Santo Romano. La fidanzata: "Non si può morire così"

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Ha confessato il 17enne fermato nella serata di ieri per l'omicidio di Santo Romano, il 19enne che nella notte tra venerdì e sabato, a San Sebastiano al Vesuvio (Napoli), è morto dopo essere stato colpito da un proiettile al culmine di una lite tra gruppi di giovani. Stando a quanto emerge, il giovane - prima di confessare - avrebbe provato a negare. Il 17enne era stato da poco scarcerato dall'Istituto penale minorile di Nisida. Su di lui graverebbero numerosi precedenti penali, con denunce e anche un arresto. I carabinieri hanno chiuso le indagini in poche ore: è bastato infatti visionare alcune immagini dei circuiti di videosorveglianza del Comune in provincia di Napoli per arrivare all'auto del ragazzo e poi direttamente a lui. Si trovava sotto casa, nel quartiere napoletano di Barra. Gli inquirenti, comunque, intendono capire chi c'era insieme a lui nella notte tra venerdì e sabato. E per farlo, stanno anche esaminando le foto presenti sui profili social del minorenne in stato di fermo.

La dinamica

In base a quanto ricostruito finora una rissa sarebbe scoppiata a causa di un pestone e di una scarpa sporca. Come ha raccontato tra gli altri anche la fidanzata di Santo, il giovane sarebbe intervenuto per difendere un amico, trovandosi dunque nella traiettoria dei colpi esplosi dal 17enne che nelle immagini degli impianti di videosorveglianza della zona - immediatamente acquisite dai carabinieri - si vedrebbe poi allontanarsi a bordo di una minicar. Una vettura con targa estera già finita all'attenzione delle forze dell'ordine, che l'avevano fermata per un controllo la sera prima degli spari avvenuti a San Sebastiano al Vesuvio. Anche questo ha reso più facile individuare il 17enne alla guida, resosi prima irreperibile e poi tornato solo ieri pomeriggio nella zona dove ad attenderlo c'erano i carabinieri. Si tratta di un giovane già noto alle forze dell'ordine per precedenti legati allo spaccio di droga. Fatto che l'avevano già portato nel recente passato al centro di prima accoglienza dei Colli Aminei. Lì dove il ragazzo è tornato ieri sera, stavolta con l'accusa di omicidio. 

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"Non si può morire così"

"Quella di Santo non può restare una morte così, di quelle di cui ci si dimentica subito. Per me non è morto e non permetterò che il suo nome vada ad allungare una lista infinita di tragedie assurde. Non è solo un nome su un elenco. Lui è tantissime altre cose e il suo sacrificio deve aiutare a fare la differenza", ha detto a La Repubblica Simona, la fidanzata della vittima. "Voglio che tutti siano al suo funerale, ci deve essere una risonanza enorme perché Santo lo merita. Tutti devono capire chi era e che cosa ha fatto. Voleva difendere un amico. Lui non c'entrava nulla con la scarpa calpestata: era estraneo alla lite, non meritava una fine così". Quella sera "è accaduto che ancora una volta Santo ha dimostrato di essere quello che era: un uomo che si prendeva cura degli altri. Non era stato coinvolto nel litigio, ma era intervenuto per aiutare l'amico. 'Dai basta così, non è successo niente', ha detto a quel ragazzo, invece quello l'ha ucciso. Ma si può morire così? Si può ammazzare per una scarpa sporcata?", conclude Simona.

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Legale: “Chiederò perizia psichiatrica”

L’avvocato Luca Raviele, legale del 17ennne, ha detto: “Ha ammesso di aver sparato ma ha fornito una dinamica dei fatti diversa. Ha detto che c'è stata una discussione per futili motivi, anche se non parla di una scarpa sporcata ma di una spallata. Poi lui stava andando via in macchina ma è stato inseguito da un gruppetto di 4-5 ragazzi, tra cui la vittima, che lo hanno aggredito fisicamente. Uno gli ha trattenuto un braccio, un altro gli ha dato uno schiaffo e un altro ancora gli ha mostrato un coltello. A quel punto lui ha tirato fuori la pistola dalla cintola dei pantaloni e ha sparato per difendersi e non con la volontà di uccidere”. Il legale ha aggiunto: “Il mio assistito è mingherlino e già dal volto di intuisce che è una persona con difficoltà, in ogni caso sembra una persona totalmente inoffensiva. Non è da escludere che sia stato in qualche modo bullizzato. A volta tra ragazzi succede quando vedono una persona in difficoltà, non vanno a pensare che ha con sé una pistola”. L'avvocato Raviele ha sottolineato che “stiamo parlando di un ragazzo che ha problematiche serie certificate sia dall'Inps sia dal perito nominato d'ufficio. È un ragazzo che due anni fa in un altro procedimento penale per fatti più lievi è stato riconosciuto non imputabile da una perizia fatta da una neuropsichiatra infantile su incarico del Tribunale dei minorenni, non una perizia di parte, perché riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere. Lui è già percettore di una sorta di pensione di invalidità per problemi psichiatrici”. Il legale ha detto anche che “è possibile che già domani o dopodomani ci sia l'udienza di convalida del fermo. In quella sede chiederò che si proceda ad una perizia psichiatrica per accertare la sua capacità di intendere e di volere al momento del fatto e la capacità di stare in giudizio. Se al momento del fatto non era capace di intendere e di non è imputabile, non può essere condannato ma potrebbe essere applicata solo una misura di sicurezza, se si ritiene non capace di stare in giudizio non si può fare un processo nei suoi riguardi”.

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