Mimmo Lucano, oggi l'udienza in Cassazione contro sentenza d'appello nel processo Xenia
CronacaI giudici della Suprema Corte discutono il ricorso presentato dalla Procura di Reggio Calabria contro la decisione di secondo grado che ridusse da 13 anni e due mesi a 18 mesi (con pena sospesa) la reclusione a cui era stato condannato in primo grado l'ex sindaco di Riace, oggi eurodeputato con Avs, nella vicenda giudiziaria per i presunti illeciti commessi nella gestione dell’emergenza migranti
Il processo contro Mimmo Lucano per i presunti illeciti commessi nella gestione dell’emergenza migranti, quando era sindaco del comune calabrese di Riace, arriva in Cassazione. Oggi, 6 novembre, la vicenda giudiziaria ribattezzata “Xenia” arriva davanti ai giudici della seconda sezione penale della Suprema Corte: si discute il ricorso presentato dalla Procura generale di Reggio Calabria contro la sentenza di secondo grado che, a ottobre 2023, ridusse da 13 anni e due mesi a un anno e sei mesi la pena della reclusione a cui era stato condannato in primo grado Lucano, che nel frattempo è stato eletto al Parlamento europeo con Avs.
Il processo "Xenia" a Mimmo Lucano
La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha essenzialmente ribaltato la sentenza di primo grado del 2021 del Tribunale di Locri. I giudici, dopo sette ore di camera di consiglio, a ottobre 2023 hanno assolto Lucano da tutti i reati per cui era stato condannato, tranne che per un episodio di falso (in relazione a una delibera del 2017) punito con 18 mesi di reclusione, con pena sospesa. Cadute invece tutte le accuse più gravi: truffa aggravata, peculato e abuso d’ufficio. A Lucano inizialmente si contestava in sintesi di essere stato il promotore di un’associazione a delinquere, finalizzata alla gestione illecita dei fondi destinati ai progetti Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e Cas (Centro di accoglienza straordinaria), ma su questo profilo penale è ormai già definitiva l’assoluzione. I procuratori di Reggio puntano quindi a recuperare in Cassazione le accuse per truffa aggravata, abuso d’ufficio e altri episodi di falso, facendo leva sull’utilizzabilità di alcune intercettazioni che invece in Appello non sono state ammesse come prova. Va detto che a presentare ricorso contro la sentenza di secondo grado sono stati anche gli stessi avvocati dell’ex primo cittadino di Riace, Andrea Daqua e Giuliano Pisapia.