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Omicidio Rozzano, Rezza: "Ho pensato all'improvviso a rapina". Il 19enne resta in carcere

Cronaca
©Ansa

Il gip ha convalidato il fermo e disposto il carcere per il giovane accusato dell’uccisione del 31enne che nella notte fra giovedì e venerdì è morto accoltellato mentre tornava a casa dal lavoro. Il legale: "Non ha fornito alcuna motivazione. È stato un gesto occasionale". Nell'interrogatorio ha detto: "Volevo prendergli tutto per rivenderlo, era la prima volta che uscivo con un coltello"

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Il gip di Milano Domenico Santoro ha convalidato il fermo e disposto il carcere per Daniele Rezza, il 19enne che nella notte fra giovedì e venerdì ha ucciso con una coltellata e ha poi rapinato di un paio di cuffiette wireless Manuel Mastrapasqua  - un magazziniere e cassiere di 31 anni che stava rientrando a casa dal lavoro - a  Rozzano, nel Milanese.  Il giovane resta quindi a San Vittore con le accuse di omicidio e rapina impropria aggravata. Nell'interrogatorio reso al gip Domenico Santoro, Rezza ha spiegato: "Quando ho visto il ragazzo volevo prendergli tutto nel senso soldi, cellulare, cose che potevo rivendere. Anche le cuffie le ho prese per rivenderle, ma non so quanto ci avrei fatto. Tutto quello che avrei avuto lo avrei venduto. Non mi sono accorto che il coltello fosse sporco di sangue. L'ho buttato perché mi è venuto d’istinto”. Poi ha aggiunto: "Era la prima volta che uscivo con un coltello”. Il gip, nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, ha scritto che le "modalità" dell'aggressione e lo "stile di vita" di Daniele Rezza "denotano un quadro dimostrativo, allo stato, della insussistente capacità di autocontrollo". Il giudice definisce "allarmanti" le circostanze con le quali Rezza quella notte ha "aggredito una persona isolata e inerme al fine di sottrarle qualcosa" e subito dopo la sottrazione, “ha inferto una coltellata mortale alla vittima".

Il racconto di quanto accaduto

"Quando ho incrociato quell'uomo al buio, ho pensato di rapinarlo", ha raccontato Rezza, durante l'interrogatorio in carcere. Lo ha riferito il suo difensore, l'avvocato Maurizio Ferrari - che "per motivi personali" ha rinunciato al mandato - aggiungendo che "Rezza per un'ora e mezza ha spiegato tutto nel dettaglio", ma "non ha fornito alcuna motivazione alla sua improvvisa idea di rapinare il 31enne". Rezza era stato fermato sabato dalla Polfer alla Stazione ferroviaria di Alessandria dopo essere stato notato mentre vagava senza una meta e aveva detto: "Ho rovinato due famiglie".

Il legale: "Daniele non sapeva di aver ucciso"

"Daniele ha detto quanto già esposto al pm. Non si era reso conto di averlo ucciso perché non l'ha visto cadere a terra e lo ha scoperto il mattino dopo - ha proseguito il legale - È stato un gesto occasionale. Non era uscito di casa con l'intento di compiere una rapina. Era nervoso, passeggiava, e incrocia il ragazzo e incidentalmente decide di rapinarlo". L'avvocato, al termine dell'interrogatorio di garanzia, ha riferito che il 19enne ha spiegato di aver bevuto parecchio, nel tardo pomeriggio di venerdì. "Non ha fumato cannabis, anche se è un consumatore abituale", ha aggiunto.

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La confessione

"Anche se ho sbagliato, essendo io nervoso quel giorno ho deciso di portare con me il coltello per sicurezza. Era una giornata no e poi avevo anche bevuto nel pomeriggio", si legge nell'interrogatorio di Rezza. "Mi trovavo in viale Romagna a Rozzano, verso le 3 circa vedo un ragazzo sul marciapiede, lo raggiungo perché volevo prendergli qualcosa, cosi una volta che mi sono avvicinato glielo ho chiesto e subito dopo gli ho sottratto le cuffie che indossava. A quel punto lui si è avvicinato a me come per aggredirmi e io d'impeto ho tirato fuori il coltello e gli ho sferrato un fendente. Preciso quindi che l'ho colpito solo dopo che lui ha provato a colpirmi. Ho preso le cuffie e sono fuggito via, preciso però che dopo aver sferrato il colpo non l'ho visto cadere a terra". Una sola coltellata, mortale, in pieno petto sferrata con un coltello da cucina poi gettato poco più distanze, vicino alle case popolari di via dei Pini. Sulle cuffie dice: "Non le ho neanche usate, appena sottratte le ho messe sotto la giacca e una volta a casa le ho gettate sulla scrivania". Cuffie poi gettate nel bidone della spazzatura dal padre e consegnate ai carabinieri dopo la confessione agli agenti della Polfer di Alessandria in un improvvisato e breve piano di fuga. "Il peso che mi sentivo addosso era troppo grosso e così - ammette il giovane - ho avvicinato una pattuglia della polizia e gli ho raccontato tutto".

Le parole del padre

"Ho buttato le cuffie dove c'e' l’Area 51 in via Lombardia in una pattumiera pubblica di colore verde”, ha raccontato Maurizio Rezza, il padre di Daniele, che spiega agli inquirenti di avere gettato via l'oggetto. L'uomo, sentito il 12 ottobre, riferisce ai carabinieri anche che il figlio gli disse che "forse aveva tirato una pugnalata a un ragazzo, poi si è messo a ridere”. Sentito come testimone ma avvisato della possibilità di non rispondere in quanto congiunto della persona fermata, ha dato la sua versione. "Quella sera è arrivato tardi a casa e siccome lui tante volte ne ha combinate diverse e quella sera mi ha detto 'ho fatto a botte con uno', gli ho chiesto se mi prendesse in giro: ha detto di no. Aveva portato a casa delle cuffie. Il giorno dopo mi ha chiesto di buttarle. Mi era venuto il dubbio che scherzasse sul fatto che aveva fatto a botte perché tante volte lo aveva fatto". Il giorno dopo mi ha chiesto di andare a buttare le cuffie, ma non sapevo cosa avesse fatto. Il padre afferma di essersi accorto dell'omicidio il giorno dopo. "Quando mi sono svegliato ho letto le cronache di Rozzano e dell'omicidio e ho iniziato a collegare con quello che mi aveva detto e non sapevo cosa dovevo fare. Vedevo mio figlio nervoso e gli ho chiesto se fosse stato lui e ha detto sì e poi no e non capivo se scherzasse. E la cosa è finita lì. Poi mi ha chiesto se lo accompagnavo alla stazione ferroviaria di Pieve Emanuele perché voleva andare via da qua e andare a trovare, non so se a Torino o Alessandria, un suo amico".

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La fidanzata: "Non si può morire così"

"Se quel vocale su WhatsApp mi fosse arrivato, lo avrei ascoltato morire. Continuava ad apparire ‘Sta registrando…’, ma non è mai stato inviato nulla. Non potevo immaginare fosse in una pozza di sangue", ha detto, intervistata da Il Corriere della Sera, Ginevra, la fidanzata di Manuel Mastrapasqua. "Non si può uccidere per rubare un paio di cuffie - prosegue la ragazza - Non si può uccidere per una reazione nel tentativo di riprendersele. Non è normale non sapere se si torna a casa vivi dopo una giornata di lavoro. Sono distrutta, Manuel era tranquillo". Poi racconta dei loro progetti: "Sognavamo di andare ad abitare da soli. Per domani (oggi, ndr) avevamo prenotato un camping in zona San Siro, per stare insieme".

La confessione

"Era rimasto in piedi, non ho visto sangue, non pensavo di averlo ucciso", ha detto sabato Rezza, figlio unico con un passato problematico fatto di aggressioni sui Navigli e piccoli furti. Dopo essere stato fermato ha reso una piena confessione: era uscito di casa quella notte per fare una passeggiata e, ha raccontato, aveva portato con sé un coltello a serramanico per difendersi da eventuali brutti incontri. A un certo punto ha visto Mastrapasqua, vicino alla fermata dell'autobus 15. "Dammi qualcosa, dei soldi", ha detto al magazziniere che stava tornando a casa dal suo turno di lavoro in un supermercato. L'uomo gli ha detto di no ed è a quel punto che Rezza gli ha strappato le cuffiette. Mastrapasqua avrebbe reagito e da qui la coltellata. A casa, Rezza ha raccontato il mattino dopo al padre di aver colpito un uomo ma non è stato subito creduto (secondo il suo legale il giovane ha dei problemi di salute da quando aveva 14 anni). Quando, però, si sono diffuse le notizie dell'omicidio, il padre l'ha accompagnato ad Alessandria dove la sua sconclusionata fuga è finita. Una scelta, quella del genitore, che ha scatenato la rabbia della madre di Manuel: "Doveva portarlo in caserma, non farlo scappare".

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