I giudici hanno rigettato il ricorso presentato dagli avvocati dell'omicida, secondo i quali non c'erano i presupposti per la premeditazione
E' definitiva la condanna a 24 anni e sei mesi per Alberto Scagni, l'uomo che il primo maggio 2022 uccise la sorella Alice, sotto casa di lei, a Genova. La Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dagli avvocati di Scagni, secondo i quali non c'erano i presupposti per la premeditazione. Intanto la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato ammissibile il ricorso dei genitori, presentato dall'avvocato Fabio Anselmo, contro le presunte inezie di polizia e medici della Salute mentale.
Delitto con premeditazione
I giudici avevano riconosciuto ad Alberto Scagni la seminfermità, escluso due aggravanti ma lasciato la premeditazione. Per i legali di Alberto, gli avvocati Mirko Bettoli e Alberto Caselli Lapeschi, fu invece un delitto senza premeditazione. Secondo la difesa, gli investigatori non sarebbero riusciti a dimostrare cosa avesse fatto Scagni nelle ore precedenti l'omicidio e poi la seminfermità sarebbe incompatibile con una lucidità nell'organizzare in anticipo un omicidio.
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La denuncia dei genitori della vittima
Dopo la morte di Alice i genitori avevano presentato un esposto, tramite il legale Fabio Anselmo, per denunciare l'inerzia di polizia e medici che non intervennero nonostante le ripetute sollecitazioni. La procura aveva indagato due agenti e un medico e poi aveva chiesto l'archiviazione. Anche il giudice aveva chiuso il caso. Ma i genitori hanno fatto ricorso alla Cedu sostenendo che «le forze dell'ordine di Genova e i responsabili del centro di Salute mentale non hanno posto in essere tutte quelle condotte che ci si poteva ragionevolmente attendere da loro per tutelare la vita di Alice».
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La mamma di Alice
“Questa prima decisione a trattare il “caso Scagni” da parte della Corte europea ci conforta minimamente nel nostro insanabile dolore” dichiara Antonella Zarri , la mamma della vittima. “ Dunque non siamo soltanto patetici visionari persecutori ma esiste una giustizia che vuole vederci dentro, che intende meritevole valutare l'operato delle istituzioni dello Stato Italiano da sottoporre a vaglio di correttezza (anzi di esistenza!, vista la pesante inerzia che si è platealmente dimostrata nei fatti)” concludono i genitori di Alice.