Il fatto che Sergio Ruocco dovesse essere riascoltato come persona informata sui fatti era già noto, non si sa però se nel frattempo siano emersi ulteriori aspetti da chiarire. Massimo riserbo sui contenuti dell'interrogatorio. Nel frattempo si continua a indagare e rimangono in piedi sia l’ipotesi di un’uccisione mirata che quella di un delitto casuale
È durato cinque ore l'interrogatorio di Sergio Ruocco, il compagno di Sharon Verzeni, che oggi è stato nuovamente convocato al comando provinciale dei carabinieri di Bergamo, nella caserma di via delle Valli, per essere risentito come persona informata sui fatti. L’uomo era già stato ascoltato nelle ore immediatamente successive all'omicido della compagna, la 33enne di Terno d'Isola uccisa a coltellate nella notte tra il 29 e il 30 luglio scorsi mentre passeggiava in via Castegnate: l’alibi di Ruocco - il fatto di trovarsi a casa, a letto - era stato confermato da due telecamere appartenenti a vicini di casa della coppia nelle cui immagini si vedeva Sharon Verzeni uscire di casa intorno a mezzanotte e poi nessun altro. Dopo l'interrogatiorio - su cui vige il massimo riserbo - Ruocco ha lasciato la caserma in auto con suo padre e non si è fermato a rispondere alle domande dei cronisti.
Ascoltati i residenti
Il fatto che Ruocco dovesse di nuovo essere sentito dai carabinieri come persona informata sui fatti era già noto: non è però chiaro se nel frattempo siano emersi ulteriori aspetti da chiarire. Nelle ultime ore i carabinieri di Bergamo hanno ascoltato diversi residenti della zona in cui è avvenuto l'omicidio, proprio per capire se qualcuno possa aver visto qualcosa di sospetto e non averlo ancora riferito.
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Ancora da chiarire il quadro dell’omicidio
A distanza di quindici giorni dall’omicidio, dal poco che trapela, non sarebbe ancora chiaro se il delitto sia maturato nell'ambito delle conoscenze della vittima - di professione barista da un anno - o se sia stato opera di qualcuno che ha agito in maniera casuale. La profondità e la violenza delle quattro coltellate inferte (tre delle quali mortali) farebbero ipotizzare per la prima ipotesi, ovvero per un accanimento mirato verso la donna, mentre l'assoluta assenza di ombre nella vita di Sharon Verzeni farebbe propendere per l'azione di uno sconosciuto. A nulla per ora sono servite le immagini di una cinquantina di telecamere pubbliche e private, a Terno e dintorni, acquisite dai carabinieri di Bergamo e al vaglio del Ros: nelle oltre cento ore di immagini (un'ora prima e un'ora dopo il delitto per ciascun apparecchio di ripresa) non sarebbero emersi elementi utili per risalire all'assassino. Anche per questo rimane l’ipotesi che chi ha agito non l’abbia fatto a caso ma pianificando una via di fuga non coperta dalle telecamere. Anche le prime persone che hanno soccorso la vittima - due automobilisti e una residente - non avrebbero visto persone sospette e le testimonianze di auto che sgommavano o grida d'aiuto non avrebbero portato ad alcuna pista utile.
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La speranza di tracce genetiche
L'altro fronte delle indagini è quello scientifico, affidato ai carabinieri del Ris di Parma, cui i colleghi di Bergamo e Zogno hanno inviato i vestiti che Sharon Verzeni indossava quando è stata uccisa, qualche campione prelevato durante l'autopsia - per esempio sotto le unghie - e alcuni coltelli recuperati non distante dal luogo del delitto, alla ricerca dell'arma che ha ucciso la giovane. La speranza di chi indaga è che l'assassino abbia lasciato una sua traccia genetica sulla vittima e che in qualche modo il suo Dna possa servire a risalire alla sua identità.