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Fini e la casa di Montecarlo, condannato perché “contribuì al riciclaggio”

Cronaca
©Ansa

Le motivazioni della sentenza sono state rese note dai giudici che hanno riconosciuto il ruolo dell'ex presidente della Camera nella vendita dell’immobile. “Fini - si legge - nel 2008 si adoperò per introdurre il 'cognato' (Giancarlo Tulliani ndr) in ambienti dai quali potesse trarre fonti di guadagno”. Per i legali "la sentenza di fatto assolve Fini su tutti i capi di imputazione” e riferiscono di confidare nell’appello

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Per i giudici il coinvolgimento di Gianfranco Fini nella vendita della casa di Montecarlo “risulta provato". Queste le motivazioni della sentenza con la quale i giudici del Tribunale di Roma hanno condannato, il 30 aprile scorso, l'ex presidente della Camera a due anni e otto mesi con l'accusa di riciclaggio. Fini “fornì il proprio contributo nell'operazione di riciclaggio relativa ai trasferimenti di denaro finalizzati all'acquisto dell'appartamento di Montecarlo, consistito, come contestato, nell'aver autorizzato la vendita della casa di Montecarlo 'proposta da Giancarlo Tulliani' nella consapevolezza dell'incongruità del presso rispetto al valore di mercato e a favore della società offshore dei congiunti". Per i giudici, dunque, l’ex presidente nel 2008 si adoperò per introdurre il 'cognato' (Tulliani ndr) in ambienti dai quali potesse trarre fonti di guadagno”. 

L’appartamento di Montecarlo

La vicenda riguarda l'appartamento di boulevard Princesse Charlotte 14 a Montecarlo. L’immobile era stato lasciato in eredità dalla contessa Annamaria Colleoni al partito di Fini, Alleanza Nazionale. Il partito si era detto contrario alla vendita della casa ma l’ex presidente della Camera, come ricostruito dal tribunale che lo ha condannato, “nello stesso arco di tempo, su insistenza di Giancarlo Tulliani e della sorella” decise di procedere alla vendita. “Ciò - si legge nelle motivazioni dei giudici - accadde per le insistenze dei due fratelli, come precisato dallo stesso Fini". E si precisa che "Fini autorizzò la vendita della casa di boulevard Princesse Charlotte, 14 in Montecarlo proprio perché il 'cognato' era interessato all'acquisto. Risulta altresì che, contrariamente a quanto aveva fatto in occasione dell'acquisizione dell'immobile, lasciando al senatore Pontone completa autonomia, in occasione della vendita Fini gestì personalmente le trattative fissando il prezzo in 300.000 euro". L'ex presidente della Camera "infatti era ben consapevole che il 'cognato' aveva un forte interesse nell'affare" e per questo, scrivono i giudici, "deve rispondere di tale segmento di condotta del riciclaggio". Per il tribunale il procedimento "non ha invece fornito alcun riscontro all'ipotesi accusatoria secondo cui il contributo materiale" dell'ex presidente della Camera "sarebbe consistito altresì nello stringere intesa con Francesco Corallo e nel favorire l'instaurazione e la prosecuzione di rapporti finanziari tra costui ed i membri della famiglia Tulliani".

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I legali: “Fini di fatto assolto, confidiamo nell’appello”

Ottimisti i legali di Gianfranco Fini in seguito alla pubblicazione delle motivazioni della sentenza emessa contro il loro assistito. "La sentenza di fatto assolve Fini su tutti i capi di imputazione e si limita, paradossalmente, a ricorrere al concetto del dolo eventuale, che tradotto altro non è che il ben poco apprezzabile ‘non poteva non sapere’", affermano Francesco Caroleo Grimaldi e Michele Sarno. "Abbiamo già dimostrato in primo grado che era vero l'esatto contrario ossia che ‘non poteva sapere nulla’ e confidiamo nell'appello, anche perché lo stesso tribunale afferma a chiare note che nessun profitto è stato tratto da Fini da tutte queste operazioni finanziarie che non lo hanno minimamente riguardato", concludono i penalisti.