In Evidenza
Altre sezioni
altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Digital news report 2024, Sky Tg24 sul podio e primo tra i giovani

Cronaca

Marianna Bruschi

©Getty

Per la prima volta il report del Reuters Institute che dal 2012 analizza potenzialità e problemi dell’informazione mondiale ha una edizione tutta italiana a cui ha collaborato il master di giornalismo dell'università di Torino

Il tuo browser non supporta HTML5

Condividi:

Il report annuale del Reuters Institute (LEGGI) dal 2012 racconta lo stato di salute dell’informazione, e in particolare della sua declinazione digitale. Mette in fila cosa funziona e cosa no, cosa cambia nel tempo, quali sono le abitudini delle persone. Attraverso lo studio su come si informano i cittadini di ogni Paese prende forma il quadro generale, quello che ci dice, per esempio, che meno della metà degli intervistati si fida dell’informazione (il 40%) e che cresce quel fenomeno che viene descritto come “news avoidance”, la tendenza a “scansare” le notizie: quest’anno il 39% degli intervistati risponde che capita, a volte o spesso, di chiudere una pagina, spegnere un canale, uscire da un social davanti a una notizia. Lo scorso anno erano un po’ meno, il 36%. E’ un report, quello del Reuters Institute di Oxford, tra i più noti istituti di ricerca specializzati in informazione,  che nel mondo del giornalismo diventa un manuale da studiare, consultare. Le abitudini dell’audience servono a capire cosa mettere in discussione, cosa cambiare, su cosa puntare. Alle tradizionali schede per Paese che aiutano ad avere focus nazionali, quest’anno si aggiungere una edizione tutta italiana curata da Alessio Cornia, assistant professor alla School of Communications della Dublin City University e autore proprio per l’Italia del Reuters Institute Digital News Report, e dal master in giornalismo “Giorgio Bocca” dell’Università degli Studi di Torino. 

 

L’interesse per le notizie

 

“L’interesse degli italiani nei confronti delle notizie è diminuito significativamente, dal 74% del 2016 al 40% del 2024. Questo trend è in linea con gli altri paesi selezionati per il confronto internazionale”, sottolineano gli autori del report italiano. Essere meno interessati non vuol dire non consultare le varie fonti di informazione: Il 63% degli intervistati dichiara di consultare le notizie più volte al giorno. Ma come? L’online batte ormai da anni l’informazione cartacea, ma è la televisione - con il 50% delle risposte - a mantenere il suo primato. Il 39% degli italiani usa i social per restare aggiornato su ciò che accade nel mondo, e sono la principale fonte per il 17%. Qui sta uno dei principali cambiamenti: l’accesso è sempre meno diretto, attraverso siti o app delle testate giornalistiche, e sempre più “mediato”:  “Fino al 2018, questa forma di accesso non mediato da motori di ricerca, social media o altri intermediari rappresentava la principale modalità, mentre oggi solo il 15% accede direttamente a una testata informativa quando si informa online”, si legge nel report.

Un italiano su due accede alle news così: scrollando il feed instagram, tra un video di TikTok e l’altro, tramite Google News o altri aggregatori. Non sceglie quindi una sola fonte, una sola testata, ma riceve ciò che gli algoritmi delle piattaforme distribuiscono in quel dato momento. Tra i dati legati alle abitudini e agli interessi del pubblico c’è anche un elemento negativo rispetto al precedente report: quest’anno si registra un calo della quota di persone che paga per informarsi in rete, che dal 12% del 2022 e 2023 scende al 10%. 



La fiducia

 

Partiamo da un dato: solo un italiano su tre si fida delle notizie. Un risultato in linea con quello degli altri Paesi. “Le testate che godono di maggior fiducia da parte degli italiani sono quelle meno schierate e capaci di parlare a un pubblico ampio e diversificato”, sottolinea Alessio Cornia. Al primo posto nella classifica delle testate italiane c’è l’agenzia Ansa, al secondo posto Sky tg24 e al terzo Il Sole 24 ore. Una graduatoria che conferma il podio rispetto allo scorso anno. Nel report italiano viene approfondito questo dato aggiungendo anche il riferimento all’età degli intervistati: la fiducia sale dal 69% al 75% per la nostra testata. La domanda sul grado di affidabile è stata posta anche per le piattaforme social che abbiamo visto essere tra le principali fonti di informazione. Sono tanto consultate ma non per questo vengono considerate con un alto valore informativo. “Tra le piattaforme analizzate, TikTok risulta la più problematica - si legge nel report - . Ben il 27% degli utenti riporta difficoltà nel distinguere le notizie attendibili da quelle false su questa piattaforma. Seguono X/Twitter) (21%), Facebook (21%) e Instagram (18%). Al contrario, WhatsApp e Google Search si posizionano ai vertici della classifica per la facilità con cui è possibile valutare l’affidabilità dell’informazione. Questo è probabilmente dovuto al fatto che, su WhatsApp, le notizie provengono principalmente da contatti stretti, creando un flusso di informazioni più personale e ritenuto più affidabile dagli utenti”.

 

Il grafico della fiducia, diviso per giovani

Il news avoider italiano

 

Cala l’interesse per le notizie, la fiducia nei media informativi è bassa, e poi si registra un sovraccarico informativo, con la moltiplicazione di contenuti digitali capace di sopraffare gli utenti, di far provare stanchezza, anche ansia, fastidio. Questi sono tra i principali motivi che descrivono la news avoidance. E il contenuto? Sì, ci sono anche gli argomenti trattati (o non trattati) tra le motivazioni che spingono le persone a non volersi più informare. “Per molti le notizie sono deprimenti, irrilevanti, o incomprensibili - si legge nel report - e questo porta alla percezione che comunque non c’è nulla che gli utenti possano fare riguardo ai problemi che vedono nelle notizie”. Ma chi sono i news avoiders italiani? L’analisi delle caratteristiche sociodemografiche presente nel report ci dice che sono più donne che uomini, soprattutto nella fascia 35-54 anni, con reddito basso, mentre il livello di istruzione non sembra incidere perché le percentuali sono identiche tra alto e basso. Ed è così anche per l’autocollocazione politica di chi ha risposto al questionario alla base del report.  “Si nota solamente una propensione leggermente minore a evitare le notizie tra chi si colloca nel centrosinistra e una propensione leggermente maggiore tra chi non si colloca politicamente nell’asse destra-sinistra”, si legge nel report. Emerge una differenza rispetto ai dati internazionali: in Italia i giovani sono meno propensi a evitare le notizie.

 

L’intelligenza artificiale 

 

Cosa pensano gli italiani dell’intelligenza artificiale applicata all’informazione? “Il confronto internazionale mostra come gli italiani siano abbastanza consapevoli dei recenti sviluppi legati all’intelligenza artificiale. Il 45% del campione riporta infatti di aver sentito o letto molto o abbastanza a proposito, contro il 44% che ha letto o sentito poco e il 7% che non conosce il tema. In Spagna e negli Stati Uniti si osserva un livello di consapevolezza maggiore, ma in Finlandia, Regno Unito e, soprattutto, in Francia, la maggior parte degli intervistati riporta di aver letto o sentito poco o niente sull’IA”, si legge nel report italiano. Quando il tema della fiducia viene affrontato in relazione all’AI emerge che gli italiani tendono a fidarsi di più se a produrre le notizie sono i giornalisti aiutati dall’intelligenza artificiale, e non il contrario, con il giornalista ad essere un semplice supervisore. “Il confronto internazionale mostra come gli italiani, pur mantendo ampie riserve nei confronti dell’applicazione dall’IA nel giornalismo, siano meno preoccupati rispetto agli utenti della maggior parte degli altri paesi”, è quello che emerge dal report. 

 

Video e podcast

 

Instagram, YouTube, e TikTok sono le piattaforme più utilizzate per i video di notizie da parte dei più giovani. Facebook, invece, si conferma una piattaforma di grande rilievo, ma prevalentemente tra i meno giovani. SI parla soprattutto di video brevi: il 23% degli intervistati li guarda ogni giorno e il 41% almeno una volta a settimana. I video lunghi sono visti quotidianamente solo dall’11% del campione. A vincere, guardando ai contenuti, sono le notizie internazionali, poi la politica nazionale e al terzo posto tutto ciò che riguarda la salute e il benessere. Per i podcast la percentuale di chi ha ascoltato almeno un podcast nell’ultimo mese è il 32%. Non sorprende la differenza per fasce d’età: questo 32% di media vede due picchi, con i giovani al 54% e gli over 55 con il 22%. 

 

Quali sono i nostri bisogni 

 

Analizzare i bisogni informativi degli utenti parte da una premessa: poiché come visto nei paragrafi precedenti, il pubblico tende sempre più spesso a fuggire dalle notizie in senso stretto, allora potrebbe essere utile provare a ricatturare l’attenzione delle persone puntando su qualcosa che ruoti intorno all’informazione ma che arrivi a stimolare e soddisfare bisogni ulteriori. Il report quest’anno riporta le risposte degli intervistati rispetto all’importanza di alcune tipologie particolari di notizie che toccano quattro concetti: sapere, capire, provare emozioni e fare. Stimoli che applicati al mondo dell’informazione portano a prendere in considerazione il restare aggiornati su ciò che sta accadendo, la necessità di sentirsi coinvolti nei problemi della società, ma anche tutte quelle notizie capaci di divertire, far sentire meglio, o essere pratiche per risolvere problemi quotidiani. 
 

I media, rispetto a questi bisogni, come si pongono? Cosa fanno? Incrociando domanda e offerta, quindi da un lato cosa chiedono gli utenti e dall’altro cosa produce l’informazione italiana, si possono definire delle priorità. “L’attività informativa “pura”, ovvero il bisogno di “essere aggiornati” su quello che accade è considerato importante dalla maggior parte degli utenti (67%) - viene spiegato nel report - ma in molti (53%) ritengono che questo bisogno sia già ampiamente soddisfatto da parte dell’offerta informativa esistente. La priorità è invece più marcata per le notizie che aiutano a “comprendere meglio” un argomento o un evento. È su questo che si apre uno spazio su cui le testate giornalistiche possono intervenire, fornendo agli utenti non solo le informazioni essenziali su una storia, ma anche gli elementi che consentano di rendere eventi complessi più comprensibili”.