Raccontare i mille volti dei disturbi alimentari, il progetto fotografico di Ilaria Borin
CronacaCon i suoi ritratti in bianco e nero, l'autrice mostra l’irriducibile unicità delle storie di chi ha attraversato o sta attraversando un percorso con la malattia
“Questo progetto nasce un po’ per caso perché ho scoperto che una persona molto vicina a me ha sofferto per 15 anni di Bulimia” racconta Ilaria Borin, autrice del progetto fotografico ‘I mille volti dei DCA’. “Mi sono resa conto che può star male anche chi sta molto vicino a te e non avresti mai pensato potesse soffrire di un disturbo così importante”.
Il viaggio di Ilaria è iniziato da una domanda: come sono state raccontate le persone con un DCA? “La narrazione visiva portata avanti fino a oggi la trovo agghiacciante. Si va sempre a scavare il lato del peso, una sorta di gara a chi è più magro o a chi si vedono più ossa, o il contrario. C’è tutto un mondo in mezzo che non viene neanche preso in considerazione. È importante considerare tutte le sfaccettature perché sono tantissime e sono mille mondi, mentre nell’iconografia attuale penso il 98% di chi soffre di disturbi alimentari è escluso”.
Ilaria ha attraversato tutta l’Italia, portando con sé una piccola macchina fotografica e alla ricerca di storie da raccontare con ritratti in bianco e nero. “Per trovare i soggetti mi sono rivolta ad associazioni come FoodNet, Mi nutro di vita, Animenta. Poi molti contatti sono avvenuti anche tramite i social. Al momento ho ritratto quasi duecento soggetti”.
Riconoscersi in una fotografia
Il processo creativo, spiega Ilaria, è molto semplice. Dopo essersi messa in contatto con chi è disposto a farsi ritrarre, concorda un posto in cui realizzare gli scatti. “Cerchiamo sempre di scattare in luoghi dove il soggetto si senta a suo agio, o collegati al suo percorso”. I posti più ricorrenti sono le camere da letto dove le persone hanno trascorso molto tempo durante la malattia, o luoghi all’aperto come parchi e spiagge.
“Scatto con una macchina fotografica piuttosto compatta e poco invadente e lo faccio chiacchierando, per evitare che si crei imbarazzo. Sono i ragazzi e le ragazze poi a visionare gli scatti e a scegliere la fotografia in cui più si riconoscono”.
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Raccontarsi in una frase
Sulla pagina Instagram dedicata al progetto, le fotografie sono intervallate da poesie e brevi frasi. “Chiedo ai soggetti una sorta di didascalia, un flusso di coscienza, una frase che un po’ li rappresenti. Mi sono resa conto che spesso me la mandano prima degli scatti poi, dopo averli visti, nel 90% dei casi la frase viene cambiata. Non è più collegata al DCA in sé o comunque alla malattia ma si cambia proprio registro, alcuni condividono frasi più positive rispetto all’inizio o anche non collegate al disturbo alimentare perché il soggetto non è il suo DCA”.
Cambiare la narrazione dei disturbi alimentari
Da subito, Ilaria ha ricevuto commenti positivi per i suoi scatti: “spesso chi ha visto le immagini mi ha detto ‘sono dei ritratti molto belli, ma non sembrano persone malate’. Io vorrei andare a scardinare questa idea, che chi soffre di disturbi alimentari ha determinate caratteristiche di peso quando invece possono essere situazioni non tanto distanti dal nostro quotidiano. Un compagno di banco, un collega di lavoro, una persona che vedi tutti i giorni e che ti sembra super attiva, super sportiva, super in qualsiasi cosa, magari non lo diresti mai ma potrebbe soffrire di un disturbo così grande”.
L’unicità delle storie e il millesimo scatto
‘I mille volti dei DCA’ ambisce a restituire la complessità e la diversità delle storie di chi ha attraversato o sta attraversando un percorso con un disturbo alimentare. “Ogni storia è a sé, ogni singolo fa parte di un gruppo che soffre di DCA ma ogni persona è diversa e ognuno ha la sua storia. Anche se il disturbo alimentare rientra nella stessa categoria di altri soggetti, l’unicità è una cosa molto importante” racconta Ilaria che rivela un ultimo dettaglio sul suo progetto. “Vorrei arrivare a 999 scatti e poi chiedere a quella persona molto vicina a me di essere la millesima persona a farsi ritrarre”.