Live In Milano, i disagi e il recupero delle ragazze detenute nelle carceri minorili

Cronaca

L'evento di Sky Tg24 ha visto ospiti Silvio Ciappi, criminologo, e Gianluca Guida, direttore del carcere minorile Nisida di Napoli, per parlare di criminalità minorile, numeri e cause del fenomeno, con un focus particolare sulle ragazze

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L'emarginazione e la solitudine individuale, ma anche la speranza di una nuova vita fuori dalle carceri. A Live In Milano si è parlato di criminalità minorile, con un focus particolare sulle ragazze detenute negli istituti di pena per minori, insieme a Silvio Ciappi, criminologo, e Gianluca Guida, direttore del carcere minorile Nisida di Napoli (SEGUI GLI AGGIORNAMENTI).

Guida: dal disagio nascono forme di devianza

La situazione nelle carceri, spiega Guida, vede "un andamento stabile per le ragazze italiane negli istituti di pena. C'è una forte riduzione delle ragazze straniere di etnia rom. Questo è il dato prevalente dagli istituti. Ma ora si affacciano nuove fasce di popolazione provenienti da fenomeni migratori. E dal disagio nascono forme di devianza che coinvolgono anche la popolazione femminile minorile".

Ciappi: la libertà porta anche nuove opportunità delinquenziali

Secondo Ciappi, "il crimine è anche frutto dell'emancipazione. Le ragazze di oggi si trovano a fare cose che in precedenza non si facevano, a cominciare dall'ingresso nel mondo del lavoro. Sono fattori che aumentano le opportunità delinquenziali. Possiamo dire che a una maggiore libertà di uomini e donne corrisponde una maggiore opportunità di delinquere. Entrambe le componenti di genere sono esposte alla solitudine digitale. E la criminalità degli adolescenti è interclassista".

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Guida: creare una relazione di aiuto

Secondo Guida, "il percorso verso la criminalità minorile è lento e graduale, parte da esperienze di disagio, dalla prima devianza fino alla violazione delle regole del nostro vivere sociale, quindi si commettono crimini. Le nuove condizioni di disagio influiscono sui reati delle ragazze. Sono reati contro il patrimonio, ma anche contro la persona. Un ragazzo o una ragazza che commette crimini vuole essere visto, riconosciuto. La loro personalità si polverizza. Questa frammentazione dell'Io li porta a perdere la capacità di reagire. Arrivano a commettere il reato senza essere consapevoli della gravità del reato. Non hanno strumenti per capire il disvalore di ciò che hanno fatto. Devono partire dalle loro fragilità e bisogni per capire ciò che hanno commesso". E aggiunge: "Chi arriva in carcere viene da marginalità e da periferie, che non sono solo quelle geografiche. Ne esistono anche in situazioni normali e agiate, che in realtà sono profondamente malate. Come risposta abbiamo provato a creare una relazione di aiuto, prendersi in carico i loro bisogni anche nello spazio della pena".

Ciappi: noia e vergogna dietro i reati femminili

Secondo Ciappi, la società e la visione di essa legata ai beni di consumo hanno un ruolo fondamentale nei comportamenti delinquenziali: "Noia e vergogna influiscono sui reati femminili. I beni di consumo sono quelli che contano, secondo la visione attuale della società. Il dolore sembra essere bandito. La criminalità rappresenta una scorciatoia per accedere a beni di consumo o evadere da un mondo opaco. Anche la vergogna pesa su questo. Significa non essere all'altezza, nell'era dei social si rischia di essere pesantemente esclusi". E aggiunge: "Da una parte c'è sofferenza individuale, con sintomi psicologici, e dall'altra scatta l'aggregazione con gruppi di riferimento che hanno questi stessi sintomi comuni, quello che si definisce il 'branco'. Ragazzi e ragazze portano una biografia frammentata, possono farsi del male o farlo ad altri. Il tempo del carcere può paradossalmente dare modo ai ragazzi di prendere consapevolezza, un tempo sospeso. Ma le ragazze possono tornare ad avere una vita normale. Hanno una capacità di entrare nel mondo superiore alle vecchie generazioni".

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