Era già stato arrestato nell'agosto del 2022 a Rimini, in virtù di un mandato di cattura internazionale emesso nei suoi confronti dal governo turco ma aveva rigettato le accuse, sostenendo di essere un perseguitato politico di origini curde. In tutto sono state fermate 18 persone di origine turca ma che vivono tra Italia, Svizzera, Germania e Turchia
Erano circa le 4 di questa mattina quando una task force congiunta di forze dell'ordine italiane e dell’Interpol ha fatto irruzione in un appartamento di Bagnaia, nel Viterbese, dove risiedeva da tempo, agli arresti domiciliari e piantonato, il presunto boss della mafia turca Baris Boyun. L’uomo, intorno alle 5:30, è stato portato via dagli agenti per essere condotto con molta probabilità a Milano.
Un’ordinanza di custodia cautelare per 18 persone
La Procura di Milano ha infatti emesso un'ordinanza di custodia cautelare estesa a 18 persone di origine turca ma che vivono tra Italia, Svizzera, Germania e Turchia, smantellando di fatto una rete criminale guidata proprio dal presunto boss della mafia turca Boyun, considerato uno degli uomini più ricercati da Ankara. Le accuse, rivolte a vario titolo, sono associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, banda armata diretta a costituire un'associazione con finalità terroristiche e a commettere attentati terroristici, detenzione e porto illegale di armi "micidiali" e di esplosivi, traffico internazionale di stupefacenti, omicidio e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
L'indagine
L'indagine era cominciata nell'ottobre 2023 dopo l'arresto di tre componenti dell'organizzazione mentre cercavano di raggiungere la Svizzera: erano in possesso di due pistole, di cui una clandestina, munizioni e materiale di propaganda. Dagli accertamenti ulteriori è emerso che i tre stavano facendo da scorta al loro capo, Boyun, 39 anni, ed alla compagna, i quali viaggiavano su una macchina separata. Gli investigatori della Squadra Mobile di Como, della sezione investigativa di Milano e dello Sco di Roma, guidati dalla Procura, hanno documentato come Boyun, da un'abitazione di Crotone dove era ai domiciliari con braccialetto elettronico per detenzione e porto di arma comune da sparo, continuava a dirigere e coordinare dall'Italia la sua rete che agiva in Europa. Si va dall'organizzazione dell'ingresso dei migranti, dietro tariffe, attraverso la rotta Balcanica, all'ordine di un omicidio di un suo concittadino. In Turchia, invece, sarebbe stato la "mente" dell'attentato, poi sventato grazie allo scambio di informazioni tra le polizie italiana e turca, ad una fabbrica di alluminio del 19/20 marzo scorso. All'inchiesta, visti i consistenti flussi di soldi per le attività dell'associazione, ha collaborato anche la Sezione Investigativa Finanziamento Terrorismo della Gdf di Milano. L'operazione, ancora in corso, sta coinvolgendo centinaia di poliziotti tra Svizzera e Italia, tra cui personale della Squadra Mobile di Como, dello Sco di Roma, della Sezione Investigativa Sco di Milano e di Brescia, delle Squadre Mobili di Catania, Crotone, Verona e Viterbo.
L’arresto nel 2022
Boyun, era stato arrestato nell'agosto del 2022 a Rimini, in virtù di un mandato di cattura internazionale emesso nei suoi confronti dal governo turco con le accuse di omicidio, minacce, lesioni, associazione a delinquere e violazione sulla legge sul possesso di armi. Al momento del fermo, Boyun aveva rigettato le accuse, sostenendo di essere un perseguitato politico di origini curde, e di aver già chiesto la protezione internazionale all'Italia. Lo stesso presunto boss era stato al centro di una disputa tra lo Stato italiano e quello turco che, ne aveva chiesto l'estradizione. Ma la richiesta era stata rigettata prima dal tribunale di Bologna e in seguito dalla Corte di Cassazione.
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