Aborto, Roccella: “Far sentire il battito del feto è una cattiva prassi medica”

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Lo ha riferito la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, commentando la notizia di alcune segnalazioni pervenute al Centro contro la violenza di Aosta da parte di donne costrette all'ascolto del battito fetale

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"Far sentire il battito del nascituro a una donna che sta andando ad abortire certamente non è un modo per aiutare le maternità difficili”. Lo ha riferito la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, interpellata a margine della conferenza programmatica di Fdi in corso a Pescara, commentando la notizia di alcune segnalazioni pervenute al Centro contro la violenza di Aosta da parte di donne costrette all'ascolto del battito fetale nei presidi sanitari pubblici dove si erano recate per accedere all'interruzione volontaria di gravidanza.

Roccella: “Volontari non c'entrano”

“È una cosa che non bisogna fare, però non è stato certamente un volontario a fare questo perché per far sentire il battito c'è bisogno di un'ecografia e di un ginecologo, quindi si tratta di una prassi che evidentemente è stata di qualche ginecologo e quindi è giusto che casomai sulla stampa emerga questa cattiva prassi medica”, ha aggiunto.  

La denuncia del Centro donne contro la violenza di Aosta

Il Centro donne contro la violenza di Aosta ha riferito in una nota di avere ricevuto segnalazioni da parte di donne "che, giunte in presidi sanitari pubblici del territorio regionale per accedere all'interruzione volontaria di gravidanza, sono state negli stessi luoghi sottoposte a indebite interferenze e pressioni da parte di volontari, consistenti nell'imporre l'ascolto del battito fetale o nella promessa di sostegni economici o beni di consumo, con il preciso intento di dissuaderle dalla scelta di abortire, personalissima e spesso sofferta". "Il Centro donne, in sinergia con i Centri antiviolenza aderenti alla rete nazionale Di.Re - Donne in rete contro la violenza - prosegue la comunicazione diffusa anche sui canali social - avvierà pertanto azioni di monitoraggio della corretta applicazione della legge 194/1978 nel territorio regionale, e azioni di sensibilizzazione e resistenza, sostenendo le donne e valutando con esse, qualora ne ricorrano le condizioni e nel rispetto della loro volontà, ogni iniziativa utile a tutela delle stesse".

 

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