In esclusiva il Corriere anticipa la perizia sulla morte del giornalista che aveva un'endocardite e che conviveva con il tumore ai polmoni. Bastava curarlo con degli antibiotici. Sulla vicenda interviene la famiglia assistita dall’avvocato Alessandro Gentiloni Silveri: "Ad Andrea sono state diagnosticate e curate con urgenza metastasi cerebrali che al momento della morte si è scoperto non esistere. E questo ha portato a uno sviamento della corretta diagnosi e terapia"
Il giornalista Andrea Purgatori morto il 19 luglio del 2023 era affetto da un’endocardite ovvero un’infezione delle valvole cardiache che conviveva con un tumore ai polmoni. Bastava una semplice cura antibiotica per allungargli la vita. Nessuno dei medici che nella clinica privata Villa Margherita di Roma lo ebbe in cura comprese la patologia da cui era affetto. Ormai gli esperti ne sono sicuri. Lo riferisce il Corriere della Sera.
Inerzia degli esperti
Indagati 4 medici curanti. Tra questi c’è il cardiologo Guido Laudani che, riporta il Corriere della Sera, omise l’individuazione della patologia conclamata nel paziente. Nella consulenza richiesta dal pm Giorgio Orano (a firma Luigi Marsella e Alessandro Mauriello) si legge che Laudani “ometteva la prescrizione di accertamenti clinici, laboratoristici e strumentali finalizzati alla diagnosi di endocardite infettiva. Tali omissioni risultano a nostro avviso ascrivibili a imperizia e non rispondenti alle buone pratiche cliniche da noi individuate in letteratura”.
Il ricovero in clinica
Andrea Purgatori, secondo gli esperti, iniziò a morire appena ricoverato in clinica, ovvero nella notte tra il 16 e 17 giugno del 2023. Prima di allora i segnali della presenza di un’endorcadite non erano chiari. La radioterapia per aggredire “ipotetiche” metastasi cerebrali diagnosticate dal professor Gianfranco Gualdi, non è servita a nulla, riferisce il Corriere della Sera. Nel frattempo le condizioni cliniche del paziente sono peggiorate. In quel caso “sulla base dei dati clinici, radiologici e della terapia impostata era opportuno valutare altre ipotesi diagnostiche oltre a quella proposta dalla dottoressa Giallonardo di un’embolia conseguente a una fibrillazione atriale” scrivono i consulenti del pm. “Sarebbe stato certamente opportuno — annotano gli esperti — eseguire un set di emocolture e richiedere una consulenza infettivologica. Gli accertamenti indicati avrebbero potuto intercettare il patogeno responsabile degli eventi febbrili e dell’endocardite infettiva con successiva richiesta di trasferimento in altra struttura”.
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“All’Umberto I sostanzialmente con gli stessi elementi (di Villa Margherita, ndr) i sanitari sin da subito ipotizzavano un’endocardite batterica e tempestivamente effettuavano gli accertamenti necessari a confermare la diagnosi”. La perizia ha escluso anche la presenza di metastasi cerebrali indicate dal professor Gualdi (indagato assieme al collaboratore Claudio Di Biasi, alla dottoressa Maria Chiara Colaiacomo e allo stesso Laudani).