La vittima è stata presa di mira perché raccontava sui social il proprio percorso per il cambio di sesso. All'hate-speech sono seguiti episodi di pedinamento fisico, diffusione dei dati anagrafici, ricatti in privato sui profili social. Gli accertamenti svolti dalla Postale hanno consentito di incrociare una serie di tracce informatiche e di risalire ai due indagati
Hate-speech, stalking e ricatti verso una persona che sui social aveva raccontato la propria esperienza nel percorso di cambio di sesso. Con queste accuse la polizia postale di Torino ha eseguito due ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale del capoluogo piemontese per due uomini di 30 anni. La vittima aveva più volte denunciato le offese ricevute dopo aver subìto anche minacce e pubblicazioni di dati personali su diversi canali in una nota piattaforma di streaming.
Minacce e intimidazioni
I due uomini arrestati pubblicavano online registrazioni o dirette video nelle quali attaccavano la vittima con manifestazioni di odio transfobico, intimandola anche a interrompere la sua transizione di genere e a smettere di pubblicare contenuti in merito. All'hate-speech erano seguiti episodi di pedinamento fisico, diffusione dei dati anagrafici, ricatti in privato sui profili social, rinforzati anche dal millantare un ruolo lavorativo dell'interlocutore, che si spacciava come funzionario del ministero dell'interno, in grado di conoscere in ogni momento spostamenti e dettagli della vita personale, fino ad arrivare a minacce di morte. Erano stati anche creati illecitamente vari account collegati a siti erotici o di incontro, contenenti dei dati personali della vittima, generando il timore di rimanere vittima di altri attacchi virtuali, o peggio di aggressioni fisiche da parte di malintenzionati che potessero rintracciarla in città.
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Le indagini
Lo stalking sarebbe durato più di un anno. Gli accertamenti svolti dalla Postale, sotto la direzione della procura di Torino, hanno consentito di incrociare una serie di tracce informatiche e di risalire ai due indagati: in particolare uno era l'autore delle dirette streaming di carattere denigratorio, l'altro, in possesso di credenziali di accesso a banche dati contenenti dati personali in ragione della propria attività lavorativa, era riuscito a carpire illecitamente i dati anagrafici poi diffusi, motivo per cui si ipotizza nei suoi confronti anche il delitto di accesso abusivo a sistema informatico o telematico.