Coperto dai paraventi nell’aula della Corte di Assise di Reggio Emilia, in quanto “sotto protezione”, il ragazzo, che ha da poco compiuto 18 anni, dopo una serie di “non ricordo”, ha ammesso di non aver parlato prima perché il padre gli aveva detto di non dire niente. Poi, in lacrime, alla proiezione dei video in aula ha aggiunto: "Sto troppo male"
"Voglio parlare, voglio dire tutta la verità". Ali Heider, il fratello di Saman (la 18enne di origini pachistane sparita da Novellara nel maggio del 2021 e trovata senza vita nel novembre 2022), ha scelto di non avvalersi della facoltà di non rispondere. Coperto dai paraventi nell’aula della Corte di Assise di Reggio Emilia, in quanto “sotto protezione”, il ragazzo ha da poco compiuto 18 anni e, dopo una serie di “non ricordo”, ha ammesso di non aver parlato prima perché il padre “mi ha detto di non dire niente”. Imputati sono cinque familiari: i genitori (la madre latitante), lo zio e due cugini. La Corte d'Assise di Reggio Emilia ha stabilito che il fratello di Saman debba restare come parte civile "perché al momento formalmente la sua situazione è immutata”.
Il processo
Le prime domande al ragazzo vertono sul telefono utilizzato all'epoca dei fatti, aprile e maggio 2021, e sulle date in cui venne sentito dai carabinieri e dal pm. In aula, mentre il ragazzo parla, è presente anche il padre, Shabbar Abbas, i cugini e lo zio Danish Hasnain. Quando in passato affermò che i suoi cugini non c'entravano nulla "ho detto una bugia perché mio padre mi disse di farlo". "Io da piccolo avevo paura di mio padre e di mio zio", ha aggiunto. "Quando sono andato dall'altro giudice - ha continuato - ho detto che non hanno fatto niente, ero costretto da mio padre". Quando avvenne? "Non lo ricordo. Ma prima e dopo mi hanno chiamato e detto di non dire niente dei cugini". “Un giorno mi hanno mandato giù a fare il the. Loro (papà, mamma, Noman e altri due, Ikram e Danish) erano in camera da letto. Stavo sulle scale e ho ascoltato, ho sentito mio padre dire una volta ‘scavare’ e ‘passare dietro le telecamere’”. “Dopo la morte di Saman - ha poi detto il fratello della giovane pachistana uccisa - sono tornato a Novellara coi carabinieri, Abbiamo cercato dove potesse essere (Saman). Sapevo che era stata seppellita perché quando ero a casa, prima di partire per Imperia, avevo chiesto a Nomanulhaq (il cugino, ndr) dove fosse perché volevo abbracciarla per l’ultima volta. Non mi ha detto di preciso dove fosse, ma solo che era sotto terra. E non l’ho detto sempre per papà, perché avevo paura”. Dopo alcune ore di testimonianza, alla ripresa dopo una pausa nel pomeriggio, il fratello di Saman ha ceduto alle lacrime. "Sto troppo male", ha detto. E i video proiettati in aula, durante l'udienza "mi fanno male".
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La storia di Saman
Il corpo della 18enne Saman Abbas, era stato ritrovato all’interno di un casolare abbandonato a poche centinaia di metri dall’azienda agricola dove la famiglia vive e lavora, in provincia di Reggi Emilia. La ragazza era scomparsa il 30 aprile dell’anno prima. Da subito gli investigatori avevano ipotizzato un omicidio maturato all’interno del nucleo famigliare, perché la ragazza si era allontanata per evitare un matrimonio combinato con un connazionale più grande di lei. Saman era innamorata di Saqib, un giovane connazionale, al quale prima di sparire aveva detto: “Se entro 48 ore non hai mie notizie, rivolgiti alle forze dell’ordine”.