Migranti, il piano sui nuovi Cpr: cosa sono, dove saranno e come verranno gestiti

Cronaca
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La rete dei Centri di permanenza per il rimpatrio sarà potenziata dal Genio militare, che realizzerà le nuove strutture. Il piano, a quanto si apprende, avrà il via libera nel giro di due mesi. È in corso una ricognizione delle strutture con le caratteristiche adatte: caserme, aree militari dismesse o altri edifici che dovranno essere ristrutturati e che si trovano in località scarsamente popolate, facilmente recintabili e sorvegliabili. Critiche alcune Regioni

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Il governo lavora al piano per attuare i nuovi Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr): si tratta di una delle misure che - nelle intenzioni dell'esecutivo Meloni - servirà a velocizzare i rimpatri dei migranti e che fa parte delle "soluzioni concrete alla forte pressione" che ha portato già 130mila arrivi nel 2023 (MIGRANTI, LO SPECIALE). Le novità sui Cpr, decise nel Consiglio dei ministri dello scorso 18 settembre, sono contenute nel decreto Sud pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale. Il tempo massimo di trattenimento nei Cpr sale dai 6 a 18 mesi e la rete dei Centri di permanenza per il rimpatrio sarà potenziata dal Genio militare, che realizzerà le nuove strutture. Il piano, a quanto si apprende, avrà il via libera nel giro di due mesi. Ecco cosa sappiamo.

Il ruolo del ministero della Difesa

I Centri di permanenza per il rimpatrio, si legge nel decreto Sud, entrano a far parte delle "opere destinate alla difesa nazionale a fini determinati", al pari - ad esempio - di aeroporti, basi missilistiche, depositi munizioni, caserme, basi navali. Al ministero della Difesa è stato dato mandato di realizzare le nuove strutture “nel più breve tempo possibile”: se ne occuperà il genio militare, che potrà adottare le procedure "in caso di somma urgenza e di protezione civile", previste dal nuovo Codice degli appalti.

Dove saranno le strutture?

Il primo punto su cui si discute è dove saranno le strutture. Manca ancora, infatti, un elenco. Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha assicurato che ce ne sarà “almeno una per regione”. La ricognizione dei luoghi possibili candidati è in atto. I siti saranno considerati di interesse nazionale per la sicurezza e verranno scelti tra caserme, aree militari dismesse o altri edifici che dovranno essere ristrutturati dai genieri militari: si cercano edifici in località scarsamente popolate. Le strutture dovrebbero essere in posti "a bassissima densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili", senza creare "ulteriore disagio e insicurezza nelle città italiane". Una volta fatta la scelta, il Genio militare si muoverà per “un rapido allestimento”. Il presidio dei centri non coinvolgerà invece le forze armate, ma soltanto quelle di polizia.

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I numeri attuali

Alla Difesa, quindi, è in corso una ricognizione delle strutture con le caratteristiche adatte. Ma anche l'Agenzia del Demanio si sta muovendo. Al momento i Centri di permanenza per il rimpatrio sono 9, distribuiti in sette regioni (Puglia, Sicilia, Lazio, Basilicata, Friuli Venezia-Giulia, Sardegna e Lombardia), e hanno una capacità di 619 posti: Bari, Brindisi, Caltanissetta, Roma, Palazzo San Gervasio, Trapani, Gradisca, Macomer e Milano. Il decimo, a Torino, è chiuso per ristrutturazione dopo i danneggiamenti. L'ultima finanziaria ha stanziato 42,5 milioni di euro per i prossimi tre anni proprio per l'ampliamento della rete. Secondo i dati forniti dal Garante dei detenuti, al momento gli ospiti in totale sono 592, di cui 587 uomini e 5 donne (tutte nel centro di Ponte Galeria a Roma, che è l'unico con una sezione femminile) . L'unica struttura sovraffollata è quella di Trapani, dove si contano 110 migranti su una capienza di 108 posti.

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L’obiettivo è accelerare i rimpatri

L’obiettivo di queste nuove strutture è quello di accelerare i rimpatri, che nel 2023 sono stati 3.193. Perché i rimpatri avvengano serve che il Paese di provenienza dia l'ok. Con la misura deliberata in Cdm, il tempo di permanenza all'interno dei Cpr torna ai tempi di quando ministro dell'Interno era il leghista Roberto Maroni e i Centri si chiamavano Cie: 6 mesi, prorogabili per ulteriori 12, per un totale di 18 mesi. "Quindi tutto il tempo necessario, non solo per fare gli accertamenti dovuti, ma anche per procedere con il rimpatrio di chi non ha diritto alla protezione internazionale", ha spiegato Giorgia Meloni. Nel testo del decreto Sud si legge che la permanenza nel Cpr del migrante da espellere può essere prorogata fino a 18 mesi se, "nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, l'operazione di allontanamento sia durata più a lungo a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero o dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi".

Le critiche dei sindacati di polizia

Alcune critiche, però, sono arrivate dai sindacati di polizia. Per il Silp Cgil i Centri, con l'allungamento della permanenza a 18 mesi, diventeranno delle "vere e proprie bombe sociali". Il Garante dei detenuti, Marco Palma, ha avvertito: "La durata del trattenimento non è connessa alla effettiva possibilità di rimpatrio. Anche in passato, quando erano previsti 18 mesi, il numero delle persone rimpatriate è rimasto sempre pari a circa il 50%". Saranno sempre le forze di polizia a garantire l'ordine nei Centri. Il Silp Cgil stima che per gestire un Cpr ogni giorno serve "un centinaio di operatori. Tutto questo escludendo coloro che gestiscono le pratiche amministrative e i rimpatri. Se apriamo nuovi Centri, dove recuperiamo tutto questo personale?".

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L’opposizione delle Regioni

Critiche sono arrivate anche dai governatori di varie Regioni. Il presidente della Toscana Eugenio Giani ha già annunciato che non darà l'ok "a nessun Cpr" nella sua regione. Il presidente altoatesino Arno Kompatscher ha avuto un colloquio col titolare del Viminale: "Mi ha garantito che il Cpr in Alto Adige servirà solo per le esigenze locali, non ci saranno trasferimenti da altre regioni". Il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini è duro: "Di Cpr non sappiamo assolutamente nulla. Se qualcuno vuole costruirne ci dica dove lo vuole fare". Sulla stessa linea Luca Zaia (Veneto): "Noi non siamo stati contattati. Non abbiamo capito ancora cosa voglia realizzare il governo, quindi siamo nell'impossibilità di esprimerci. Noi abbiamo già qui centri di accoglienza". Per il vicepresidente delle Marche Filippo Saltamartini, "non c'è l'esigenza di averli nella nostra regione". Favorevole, invece, Massimiliano Fedriga (Friuli Venezia Giulia): "Il Cpr, nella mia esperienza di Gradisca di Isonzo, funziona molto bene perché garantisce i rimpatri e la sicurezza dei cittadini". E anche il governatore della Liguria Giovanni Toti: "Abbiamo già dato al ministro Piantedosi la disponibilità a collaborare".

Salvini: “Nuovi Cpr sono fondamentali”. Piantedosi: “Ce li chiede l'Europa”

L'obiettivo di un Centro in ogni regione, comunque, non è nuovo: diversi governi ci hanno provato in passato senza riuscirci. Per l'opposizione dei territori, ma anche per le difficoltà di gestione delle strutture, spesso vandalizzate dagli ospiti. “I nuovi Cpr sono fondamentali per fronteggiare clandestini e delinquenti, mi auguro che a sinistra non facciano le barricate per ostacolare il governo e difendere l'illegalità", ha detto il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini, che ha confermato il "massimo sostegno" al ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. Da parte sua, Piantedosi ha sottolineato: “Nei nuovi Cpr ci saranno gli irregolari presenti sul territorio. Pensiamo ad un centro anche a Ventimiglia. Ce li chiede l’Europa, sono all'interno di una cornice europea. Con la disponibilità del genio militare puntiamo alla rapida realizzazione delle strutture per rafforzare la capacità di espulsione: è una cosa che ci chiede l'Europa. È previsto dalle normative ed è stata sempre una delle raccomandazioni che l'Europa ha fatto all'Italia". Il ministro dell'interno ha poi ricordato che i Centri "furono introdotti con la legge Turco-Napolitano, sotto un governo di sinistra".

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