Incidenti stradali Milano, perché tanti pedoni e ciclisti investiti? Cosa dice l’esperto

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Negli ultimi due giorni si sono registrate altre due vittime nelle strade cittadine. Le persone morte investite nel 2023 sono 14 in città. Il Corriere della Sera ha intervistato il professor Paolo Bozzuto, docente del Politecnico, per analizzare cause e possibili soluzioni

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A Milano dall’inizio dell’anno, sono già 9 i pedoni morti investiti in incidenti stradali. L’ultimo caso, nelle scorse ore, riguarda una 75enne morta dopo essere stata investita, mentre attraversava sulle strisce pedonali, da un mezzo dell'Amsa, l'azienda per la raccolta della nettezza urbana, che l'aveva agganciata e trascinata per alcune decine di metri. Nella notte tra sabato e domenica, invece, un ragazzo di 28 anni è stato travolto e ucciso in viale Jenner, mentre attraversava la strada dopo essere uscito da una discoteca. Falciato da una Mercedes guidata da un uomo che non si è fermato a soccorrerlo. Il suo investitore, si è costituito domenica sera ai Carabinieri. A questi dati allarmanti si devono anche aggiungere 5 ciclisti morti nelle strade cittadine.

Il parere dell’esperto

Il Corriere della Sera ha intervistato Paolo Bozzuto, professore di urbanistica del dipartimento di architettura e studi urbani (Dastu) del Politecnico, che ha ideato e coordina l’Atlante italiano dei morti (e dei feriti gravi) in bicicletta, per provare a spiegare con l’aiuto di un esperto cosa stia accadendo. “Dopo la pandemia si è ripensato un modello che diventasse la ‘città a 15 minuti’, con i servizi di prossimità raggiungibili in 15 minuti, possibilmente a piedi o in bici. Ma questa prospettiva è messa in crisi da un fenomeno, ovvero l’attenzione, che coinvolge tutti e che pesa di più su chi guida un mezzo motorizzato”.

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Bozzuto: “Siamo distratti ma dipende dal mezzo che guidi”

Secondo il professor Bozzuto, “siamo tutti distratti, dai camionisti ai pedoni. Ma la differenza la fa il mezzo che guidi, se sei a piedi o se sei a bordo di un veicolo a motore. I quattro fattori che impattano sulla mobilità cittadina sono attenzione (e la soglia deve crescere in parallelo al mezzo guidato), dimensioni il peso del veicolo. Il terzo è tecnologico: le auto contemporanee hanno sempre più dotazioni. Quando sei in auto le cose che tieni sott’occhio sono sempre più complesse, dal touch screen al navigatore: se guardi sullo schermo dove andare, non guardi più la strada. Infine c’è un tema di aggressività. Sempre più spesso chi guida ha un modo aggressivo di farlo. Sono tanti a pensare che la strada sia solo la nostra, che ne siamo padroni”.

Le possibili soluzioni

Secondo l’esperto intervistato dal Corriere, “una cosa da fare subito è una campagna di comunicazione martellante rivolta a utenti della strada che ripeta all’infinito che la strada è di tutti, a partire da quelli della mobilità debole. Il primo obiettivo non è arrivare prima ma di prestare attenzione. Poi serve subito la città a 30 chilometri orari: ridurre la velocità nelle strade in centro riduce gli effetti più tragici. Infine, i sensori per l’angolo cieco sui mezzi più grandi”.

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