E' il papà di un paziente - all'epoca dei fatti neonato - che riportò lesioni durante il parto. Il professore, direttore 51enne della clinica ostetrico-ginecologica del Policlinico di Modena, venne ucciso con sette colpi di pistola la sera dell'8 gennaio 1981 poco dopo aver concluso una giornata di lavoro in ospedale
Dopo 42 anni c'è una svolta nel caso dell'omicidio di Giorgio Montanari, direttore 51enne della clinica ostetrico-ginecologica del Policlinico di Modena, ucciso con sette colpi di pistola la sera dell'8 gennaio 1981 poco dopo aver concluso una giornata di lavoro in ospedale. E' stato infatti iscritto un uomo nel registro degli indagati: è il papà di un paziente - all'epoca dei fatti neonato - che riportò lesioni durante il parto.
Le ipotesi
Il cold case è stato riaperto a giugno di quest'anno per la presenza di nuovi elementi e di nuove tecnologie investigative a disposizione degli inquirenti. Secondo quanto riporta il Resto del Carlino il movente sarebbe da ricercare in una ritorsione nei confronti dell'allora primario. L'indagine condotta dalla squadra mobile di Modena ha riaperto è ripartita dopo aver riesaminato i documenti dell'epoca e le cartelle cliniche dei pazienti che hanno permesso, analizzando il fascicolo relativo a quel parto, di risalire all'uomo ora indagato, anche se al momento non vi sarebbero indizi chiave per arrivare a una prossima risoluzione del caso.
I fatti
Nel 1981 la magistratura modenese si concentrò sull'ambito sanitario per la ricerca del killer. All'epoca dell'omicidio era da poco entrata in vigore la legge sull'aborto e il professore aveva lasciato libertà di coscienza ai suoi collaboratori. Una decisione che aveva provocato malcontento in Policlinico nonché attriti tra i professionisti coinvolti. Montanari aveva ricevuto minacce, comprese buste con proiettili, e un suo collega, con il quale i rapporti non erano ottimali, finì indagato. Ma ad oggi l'omicida non è mai stato individuato. L'ultima riapertura del fascicolo fu voluta dall'allora procuratore di Modena Paolo Giovagnoli, dopo che un'arma compatibile con quella utilizzata nel delitto del 1981, una pistola calibro 45, venne venduta all'asta dall'ufficio corpi di reato. Anche quella pista, però, alla fine non portò a nulla.