Secondo gli inquirenti avrebbe tentato di avvelenare l'uomo più volte. Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile, sono partite dopo una segnalazione arrivata a gennaio scorso dai medici dell’ospedale di Rimini dove il marito, a partire da luglio scorso, era stato ricoverato più volte, con sintomi da avvelenamento
Una 46enne di Rimini, d'origine moldava, ha tentato di uccidere il marito con del veleno per topi. Mercoledì scorso, il 28 giugno, personale della polizia di di Rimini, al termine di una serrata attività di indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Rimini, ha eseguito nei suoi confronti un'ordinanza di custodia in carcere. L'indagine è partita dalla segnalazione del reparto di Medicina Interna dell'ospedale di Rimini per i ripetuti ricoveri dell'uomo, di nazionalità albanese, a partire dal luglio del 2022.
L'uomo più volte ricoverato con sintomi da avvelenamento
I sospetti dei sanitari sono scattati quando a partire dal mese di luglio 2022, l'uomo, cittadino albanese di 54 anni, è stato più volte ricoverato manifestando in tutte le occasioni sintomi compatibili con avvelenamento da topicida. La conferma è poi arrivata con gli esami clinici e i test effettuati dall'istituto di medicina legale dell'Università di Padova, che hanno accertato la positività ematica dell'uomo ai principi attivi del Bromadiolone e Coumatetralyl, elementi chimici contenuti nei topicidi. I medici hanno quindi capito che il 54 enne ogni volta che arrivava in ospedale aveva assunto dosi di sostanze letali.
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Trovata in casa una siringa contenente bromadiolone
Piena chiarezza - secondo gli inquirenti coordinati dal sostituto procuratore, Paolo Gengarelli - riguardo la specie delle sostanze ingerite è arrivata quindi dai sanitari che hanno dettagliato la natura anticoagulante di questi veleni spiegando come fossero utilizzati esclusivamente come ratticidi e come il paziente fosse stato esposto al rischio di morte. Infine il marito, rendendosi conto della situazione, ha chiarito agli investigatori della squadra Mobile che l'unica persona che poteva avvelenare il suo cibo era la moglie. Nel corso della perquisizione domiciliare la polizia ha quindi trovato e sequestrato, in un cassetto dell'armadio della camera da letto, una siringa contenente una sostanza ignota di colore rossastro. La conseguente consulenza tecnica disposta dalla Procura ha stabilito che il liquido era bromadiolone. La 46enne, dopo la convalida dell'arresto, si trova ora ai domiciliari a casa della madre con l'attivazione del braccialetto elettronico.
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La donna ha negato tutte le accuse
La 46enne moldava, dopo l'arresto, ha respinto tutti gli addebiti. Difesa dall'avvocato Luca Greco, del Foro di Rimini, la donna però non ha saputo spiegare l'accaduto durante l'interrogatorio di garanzia tenuto ieri davanti al gip del tribunale di Rimini. "La mia assistita - ha detto il legale - è stata interrogata ieri, ed è stata collaborativa per tutto il tempo del colloquio. Ha respinto tutte le accuse". I due coniugi, lei moldava lui albanese di 54 anni, si erano separati da tempo, per poi riconciliarsi formalmente in Comune circa un anno fa. Secondo le accuse, la donna avrebbe somministrato il veleno al marito al momento dei pasti. Ma - come ha spiegato l'avvocato difensore Greco - la 46enne a sua discolpa ha raccontato come lei e il compagno mangiassero sempre insieme e le porzioni le faceva direttamente in tavola, respingendo quindi la possibilità di poter avvelenare il cibo.