Il gesto del leader della Lega nel quartiere del Pilastro durante la campagna elettorale per le Regionali in Emilia-Romagna provocò molte polemiche. Il processo per il commercio illegale di sostanze stupefacenti ha portato a 21 condanne
Il processo in primo grado a un'organizzazione che gestiva lo spaccio in zona Pilastro, a Bologna, si è concluso con 21 condanne, la più alta a 14 anni e sette mesi. Gli imputati avevano scelto l rito abbreviato. Le pene più pesanti sono arrivate per le persone a cui è stata riconosciuta l'accusa di associazione finalizzata al traffico di droga. Tra queste è coinvolta anche la famiglia di origine tunisina alla quale, durante la campagna elettorale per le Regionali del 2020 in Emilia-Romagna, citofonò Matteo Salvini, chiedendo se c'era uno spacciatore, scatenando polemiche.
Decisa anche un'assoluzione e un non luogo a procedere per due imputati
In particolare, per questi ultimi, il Gup Sandro Pecorella ha deciso condanne a due anni, sei mesi e venti giorni per un uomo, un anno per la moglie, quattro anni sei mesi e venti giorni per un figlio, tre mesi e dieci giorni per un'altra parente, mentre un altro figlio era minorenne all'epoca. Il giudice ha anche pronunciato un'assoluzione e un non luogo a procedere per mancanza di querela per due imputati, mentre una dozzina di posizioni saranno giudicate con il rito ordinario.
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L'indagine condotta dai pm Ceroni e Imperato
L'indagine dei pm Roberto Ceroni e Marco Imperato partì dall'omicidio di Nicola Rinaldi, ucciso nell'agosto 2019 in via Frati: alcuni suoi familiari sono stati coinvolti nell'inchiesta. Secondo l'accusa l'associazione era composta da sette persone più il minore: pianificavano gli acquisti di cocaina e hascisc, cercavano nuovi fornitori e i locali dove stoccare la droga che poi rivendevano sulla piazza locale. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Matteo Murgo, Bruno Salernitano, Filomena Chiarelli, Simone Romano, Roberto D'Errico, Alessandro Cristofori, Giovanni Voltarella, Milena Micele, Matteo Manzani.