Con Sambu Buffa, consulente formatrice e inclusive marketing strategist, parliamo di quelle parole di cui non conosciamo le origini ma che usiamo nel nostro quotidiano. Parole nate nel periodo coloniale e che hanno profonde radici discriminatorie per cui è importante non usarle più. Le parole, lo sappiamo, non formulano solo modi di comunicare, ma costituiscono anche lo strumento del pensiero stesso
È meglio dire nero o di colore? Sì, lo so, probabilmente a scuola o in famiglia ti è stato insegnato a usale la locuzione di colore. Ma si tratta di un falso amico. Innanzitutto, perché la prima domanda che sorge spontanea è “ma di quale colore”? Non abbiamo forse tutti un colore della pelle? Quindi, perché di colore sono soltanto i non bianchi. Poi, questa espressione mutua quella americana colored, che veniva usata per separare luoghi riservati ai bianchi da quelli riservati ai non bianchi. Insomma, no, non si dice di colore.
Benvenute e benvenuti a il dizionario di voice. Le parole, lo sappiamo, non formulano solo modi di comunicare, ma costituiscono anche lo strumento del pensiero stesso.
Oggi con Sambu Buffa, consulente formatrice e inclusive marketing strategist, parliamo di quelle parole di cui non conosciamo le origini ma che usiamo nel nostro quotidiano. Parole nate nel periodo coloniale e che hanno profonde radici discriminatorie per cui è importante non usarle più. Le parole, lo sappiamo, non formulano solo modi di comunicare, ma costituiscono anche lo strumento del pensiero stesso.
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Decolonizzazione del pensiero
Oggi siamo tutti chiamati a fare una maggiore attenzione alle parole che usiamo e non solo perché possono essere dei sassi che fanno molto male ma anche perché ci troviamo in un periodo in cui è necessario raccontare un'altra parte della storia. Parte di questo processo di conoscenza consapevolezza e responsabilità si chiama decolonizzazione del pensiero, dello sguardo e oggi sarà delle parole.
Mulatta o mulatto e meticcio o meticcia
Due parole che indicano la stessa cosa: una persona nata da due persone di colore diversi. Indica però, il termine mulatto o mulatta, anche l'animale ibrido nato dall'unione tra asino e cavalla e usato perlopiù per i lavori duri nei campi. Nel periodo pre o post-coloniale era solito demonizzare così tanto le persone nere da considerare degli animali. Il termine mulatto o mulatta quindi non restituisce dignità ed è meglio non usarlo.
Stessa sorte per la parola meticcio o meticcia. La legge numero 822 del 13 maggio 1940 si chiama “Legge contro il meticciato” e chiarisce molto bene come venivano considerati i figli che i militari avevano avuto durante il loro periodo delle colonie in Eritrea, Etiopia e Somalia. Il termine è usato proprio in senso dispregiativo perché quei figli non erano ben accetti né dalla famiglia né dalla società, tantomeno dallo stato italiano
Zulù
Oltre ad essere una delle diverse tribù realmente esistenti dell'Africa, viene usato come stereotipo, pregiudizio ma soprattutto come un qualcosa di deumanizzante per ingenerare la popolazione africana. Questo perché storicamente nella narrazione occidentale le tribù africane sono selvagge, sono primitive, incapaci, sporchi, eccetera.
La N word
Non ha importanza dove la sentite, se nelle canzoni o nei film. Non si usa. E non importa che nella sua origine Latina abbia un connotato preciso. Le parole prendono il significato che le si dà durante il tempo e questa nel tempo è sempre stata usata in senso negativo e dispregiativo. Non la si deve usare mai più in nessuna occasione neanche per riportarla.
Ambaradam o Ambaradan
Nel vocabolario italiano è una parola che indica un insieme disordinato di elementi, un guazzabuglio una grande confusione. In realtà deriva da uno dei massacri che si sono compiuti nel Corno d'Africa e in particolare intorno al monte Amba Aradam. L'espressione nasce proprio alla fine della guerra che ci fu tra i militari italiani e i militari etiopi. I reduci la usavano per descrivere la situazione di confusione durante quella battaglia. Amba Aradam, come ho detto, è il massiccio montuoso dell’Etiopia presso il quale le truppe italiane sconfissero nel 1936 l'esercito etiope in una cruenta battaglia. L'esercito italiano a quel tempo per vincere uso le armi chimiche non solo sui militari ma anche sui civili.
Queste erano solo alcune parole che sono ancora di uso quotidiano e quello che invito a fare è riflettere su voi stessi senza fare caso a ciò che sentite che credete sia corretto per una volta pensate che non riguarda voi ma riguarda il modo in cui vi rivolgete ad altre persone e in cui pensate anche a queste persone l'abitudine ci nasconde il vero aspetto delle cose ma conoscere le origini delle parole che ancora usiamo imparare a non usarle più ci aiuta a vedere le cose per quello che sono davvero.
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