Inchiesta Covid, Fontana contro Crisanti. Rezza: “C’era indecisione su zona rossa”

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Il presidente della Regione Lombardia attacca il microbiologo, consulente della procura di Bergamo: “Mi ha indignato che pretenda che teorie, frutto di sue valutazioni del tutto personali, debbano diventare oggetto addirittura di un processo”. Nel 2020 Rezza disse ai pm: “Mi sembrava che il Presidente del Consiglio non fosse convinto e avesse bisogno di un forte supporto”. Lamorgese: “Mandai militari a Nembro e Alzano, Conte non sapeva”

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Le parole del microbiologo Andrea Crisanti, senatore e consulente della procura di Bergamo per l'inchiesta Covid, "mi hanno molto indignato, più che darmi fastidio. Mi ha indignato che pretenda che teorie, frutto di sue valutazioni del tutto personali, debbano diventare oggetto addirittura di un processo". A dirlo è il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, a margine dell'inaugurazione dell'anno accademico di Humanitas University. Per il governatore si tratta di "illazioni, assolutamente rispettabili" ma "di uno che, come l'aveva definito Palù (presidente dell'Aifa ndr), è un microbiologo esperto di insetti". Dalle carte dell’inchiesta sulla gestione della prima ondata di Covid in Val Seriana emergono intanto le parole dell’allora ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e di Giovanni Rezza, direttore Prevenzione del Ministero della Salute ed ex direttore Malattie infettive dell'Iss, che ai pm disse: "Anche l'istituzione di una zona rossa non avrebbe inequivocabilmente salvato la città di Bergamo" (COVID: GLI AGGIORNAMENTI LIVE - LO SPECIALE).

Fontana: “Abbiamo fatto tutto quello che andava fatto”

Fontana ritiene che all'epoca della prima ondata della pandemia non ci fosse "una direttiva o indicazione che imponeva di fare una scelta piuttosto che un'altra". A chi oggi gli ha chiesto se si comporterebbe allo stesso modo, il presidente ha risposto: "In quel periodo credo sia stato fatto tutto quello che, sulla base dell'esperienza e della conoscenza che avevamo, andava fatto. Questa considerazione - ha aggiunto Fontana - non l'ho fatta solo io, ma anche la Commissione europea che quando è venuta in Italia, a Milano, ha detto che ci eravamo comportati in modo corretto e che i nostri comportamenti sono poi stati presi a modello".

Bonometti: chiesi a Fontana che non si facesse zona rossa 

Marco Bonometti, ex presidente di Confindustria Lombardia, sentito dai pm di Bergamo il 3 giugno 2020, disse: "Sì glielo ho chiesto", alla domanda se avesse "chiesto al Presidente della Lombardia" Attilio Fontana "di farsi parte attiva a non far istituire zone rosse ma solo di limitare le chiusure alle attività non essenziali". Nel verbale di 5 pagine, con al centro la mancata zona rossa in Val Seriana, l'industriale bresciano ha detto che "Regione Lombardia era d'accordo con noi nel non istituire le zone rosse ma nel limitare le chiusure alle sole aziende non essenziali".  Bonometti ha detto: "Effettivamente ricordo che del tema della istituzione della zona rossa in Alzano e Nembro se ne è parlato dopo il caso di Codogno nelle riunioni per il Patto di Sviluppo". E ha chiarito: "La mia posizione è stata quella che la zona rossa nella bergamasca non risolveva il problema, perché a mio parere andava chiusa l'intera Lombardia. Ero contrario all'istituzione della zona rossa nella bergamasca. Ho detto di salvaguardare le filiere per le aziende essenziali (...) ho sempre cercato di salvaguardare le aziende lombarde".

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Lamorgese a pm: “Mandai militari e Conte non sapeva”

Nel giugno 2020 fu sentita dai pm anche l'allora ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, che disse che il "contingente programmato è arrivato a Nembro e Alzano il 6 marzo la sera, iniziando l'attività ricognitiva" e "sia per le forze di Polizia, sia per le forze Armate, la disposizione è partita dal Ministero dell'Interno", ma "il Presidente Conte non sapeva dell'invio delle forze armate e di Polizia" in Val Seriana, "proprio perché in quel periodo il fine era di natura preventiva e ricognitiva", e "ove ci fosse stato un Dpcm di 'cinturazione', avrei informato il Presidente dell'invio di uomini". Quando si parlò della situazione di Alzano e Nembro, ha spiegato ai pm Lamorgese, "con il ministro Speranza e mi pare anche con il Presidente Conte (...) si cominciò a pensare all'ipotesi di istituire una zona rossa". E quindi l'allora ministro dell'Interno chiamò "il capo della Polizia per rappresentare questa eventualità, affinché si evitassero i ritardi che hanno connotato il caso di Lodi", dove il coordinamento per la 'cinturazione' di quell'area "richiese 24-30 ore". Il "Capo della Polizia - si legge ancora nel verbale - programmò dunque un sopralluogo organizzativo, per rendersi conto di come fosse la situazione e del numero di persone necessarie". Il "contingente" arrivò in Val Seriana la sera del 6 marzo. "Tutte le disposizioni di cui sto parlando, formulate da parte mia - ha spiegato l'allora titolare del Viminale - non sono cristallizzate in provvedimenti formali: si è trattato di disposizioni orali". L'8 marzo, poi, Conte, ha proseguito Lamorgese, "ha emanato il noto Dpcm", dove non era prevista la zona rossa a Alzano e Nembro, ma "disposizioni contenitive dell'intera Regione" e "a quel punto abbiamo ritirato gli uomini: quelli che provenivano dalla Lombardia sono rimasti in Lombardia, mentre gli altri sono rientrati". Lamorgese ha anche spiegato che "un Presidente di Regione, ove avesse voluto 'cinturare' un Comune, avrebbe potuto individuare l'obiettivo del territorio da contenere in base ai dati epidemoilogici, ma le questioni tecniche concernenti il controllo di quelle aree" erano "di competenza delle Forze di Polizia". Nei casi di Alzano e Nembro, ha concluso, "sarebbe stato sicuramente necessario un intervento di uomini e mezzi da parte dello Stato".

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Rezza a pm: “Zona rossa serviva e c'era indecisione”

Nello stesso periodo fu ascoltato dai pm, come teste, anche Giovanni Rezza, direttore Prevenzione del Ministero della Salute ed ex direttore Malattie infettive dell'Iss. Rispondendo alle domande sulla mancata zona rossa ad Alzano e Nembro e sulle riunioni del Cts dei primi di marzo di 3 anni fa disse: "Mi sembrava che il Presidente del Consiglio non fosse convinto e avesse bisogno di un forte supporto per convincersi della opportunità di istituire la zona rossa. Io uscii da quella riunione (del 6 marzo, ndr) con l'idea che ci fosse indecisione. La mia fissazione restava la necessità di una zona rossa a Nembro e Alzano".

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Rezza: “Zona rossa non avrebbe inequivocabilmente salvato Bergamo”

L'ex componente dell'Iss ha raccontato che già a metà gennaio, ai "tempi dell'epidemia a Wuhan", Speranza "era preoccupato" e "diceva spesso di 'cercare di stare un passo avanti rispetto agli altri paesi europei'". Rezza partecipava alle riunioni del Cts "in qualità di sostituto del prof. Brusaferro", direttore Iss. Sulla situazione di Alzano e Nembro ha spiegato di aver "visto una mappa" sulla diffusione del contagio ai "primi di marzo". E ancora: "Ricordo di aver verificato che Alzano e Nembro non erano molto distanti da Bergamo - ha detto Rezza - e ho ritenuto che fosse necessario separare questi due comuni da Bergamo per evitare il contagio della città". La zona rossa avrebbe "salvaguardato Bergamo" e "rallentato" il contagio nelle due cittadine. Il 3 marzo lo stesso Rezza riferì dei casi di Alzano e Nembro al Cts, parlando di un'unica "catena di trasmissione". Brusaferro lo chiamò, "credo il 4 o il 5" marzo, per chiedergli una "nota più dettagliata per istituire la zona rossa". E ha chiarito: "Posso dire che il Ministro Speranza è sempre stato favorevole all'adozione di provvedimenti restrittivi; anche in Regione Lombardia mi sembrava vi fosse adesione". Nella riunione Cts del 6 marzo "ho caldeggiato questa soluzione", ha aggiunto Rezza, ma "il Presidente del Consiglio mi sembrava fosse dubbioso; ho avuto l'impressione che volesse elevare il livello del controllo all'intera regione". E ancora: "Mi sembrava titubante in relazione all'impegno di forze dell'ordine per delimitare il cordone sanitario", anche per la "necessità di non distogliere le forze medesime da altre attività di rilievo (come quella di lotta al terrorismo, per esempio)". Rezza riteneva che "se il virus avesse 'sfondato' in una grande città l'epidemia non sarebbe stata più contenibile". Ma ha aggiunto: "Devo dire, però, che anche l'istituzione di una zona rossa non avrebbe inequivocabilmente salvato la città di Bergamo (...) il lockdown che poi è stato deciso ha avuto una importante efficacia per il contenimento del contagio".

Ruocco a pm: "Cts sapeva situazione l'1 o 2 marzo"

"Credo che l'1 o il 2 marzo 2020 il dott. Locatelli, unitamente al prof. Brusaferro, già avessero anticipato la situazione epidemiologica di Alzano Lombardo e Nembro, a margine delle riunioni del Cts di quei giorni. Locatelli evidenziava in particolare l'esigenza di attenzionare la zona di Bergamo per il numero dei casi significativo che si stava registrando nei comuni vicini", ha dichiarato il 18 giugno 2020 Giuseppe Ruocco, allora segretario generale del ministero della Salute sentito come teste dai pm bergamaschi.

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