Giorno del Ricordo, il Magazzino 18 di Trieste raccontato dai ragazzi

Cronaca
Marta Meli

Marta Meli

Gli alunni della Terza F della Scuola Media “Luigi Majno" di Milano raccontano la visita a un deposito del vecchio porto di Trieste, dove giacciono abbandonati 2 mila metri cubi di masserizie. Quel che resta dell'esodo di 300 mila italiani, istriani, fiumani e dalmati, alla fine della Seconda Guerra Mondiale

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“Il cielo era plumbeo e nuvoloso, il sole stava tramontando sul mare di Trieste, e noi stavamo aspettando di visitare il Magazzino 18, una delle tappe della nostra gita scolastica dello scorso novembre”. Inizia così l’articolo scritto dagli alunni della Terza F, Guia, Diana, Gianmarco e Fabrizio, per il giornalino della Scuola Media Statale “Luigi Majno” di Milano. Racconta la visita della loro classe a un deposito del vecchio porto di Trieste, dove giacciono abbandonati 2 mila metri cubi di masserizie. Quel che resta dell'esodo di 300 mila italiani, istriani, fiumani e dalmati, alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Un pezzo di Storia impigliata negli oggetti

“Quando entrammo lì non sapevamo ancora cosa stavamo andando a vedere"- raccontano i ragazzi nel loro scritto - "e perciò restammo colpiti dalla grandissima quantità di masserizie (gli oggetti che gli esuli avevano dovuto lasciare una volta arrivati in Italia) che ci abbiamo trovato: libri di scuola, fotografie, ritratti, armadi, e soprattutto installazioni di sedie, legate insieme tramite dei sottili fili di ferro”. È un pezzo di Storia rimasta impigliata negli oggetti. Tracce di vite portate via in fretta, come documentano le immagini del cinegiornale sull’esodo da Pola. Ventotto mila italiani lasciarono in massa la città istriana nell’inverno del 1947, in fuga da una terra passata, con gli accordi di Parigi del 10 febbraio, alla Jugoslavia del Maresciallo Tito.

Le bare dissotterate per un viaggio senza ritorno

Profughi in bianco nero con 400 grammi di chiodi a testa per imballare le proprie cose e caricarle al porto, su una nave. Partire, per fuggire da una terra diventata straniera, per sfuggire a deportazioni e foibe. Voragini carsiche dentro cui in quegli anni sparirono a migliaia, gettati vivi o morti, legati a gruppi per i polsi col fil di ferro. Chi poté, dissotterrò persino le bare, per portarsi via anche i resti dei propri cari, in un viaggio senza ritorno. Una volta attraversato il mare, quei profughi trovarono una patria stremata dalla guerra che non li voleva, e che in quelle valigie rivedeva i fantasmi del regime fascista e delle sue persecuzioni. In molti, allora, continuarono il viaggio e se ne andarono lontano, verso l'America o l'Australia, dove il ricordo facesse meno male. Lasciandosi alle spalle mobili, letti e montagne di sedie, rimasti accatastati dentro il Magazzino 18, nel vecchio porto di Trieste. Frammenti di vite perdute, abbandonate per sempre in un deposito della memoria.

L'omaggio musicale di Simone Cristicchi

“Italiani dimenticati
In qualche angolo della memoria
Come una pagina strappata
Dal grande libro della storia”

È un verso della canzone del cantautore romano Simone Cristicchi “Magazzino 18” che i ragazzi della Terza F ascoltano con la loro insegnante di Storia, la professoressa Elena Farotti. È lei che ha organizzato la gita a Trieste e li ha accompagnati nella visita alle masserizie degli esuli. “La cosa che ci ha colpito maggiormente"- conclude l’articolo sui ricordi di quel viaggio- "è stata che, nonostante fossimo già in terza media, non conoscevamo affatto la storia dell’esodo e ciò ci sembrava strano, data la sua importanza. Approfondire questo argomento e studiarlo ci è sembrato  oltre che interessante, utile e di grande rilevanza. È stata un’esperienza che ci ha arricchito come persone e che ci ha fatto maturare”.

Sergio Mattarella

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