La cattura di Matteo Messina Denaro va ad aggiungersi a quelle dei suoi predecessori al comando di Cosa nostra: Totò Riina arrestato 30 anni fa, nel 1993 e Bernardo Provenzano preso nel 2006
Il blitz dei carabinieri dei Ros nella clinica La Maddalena di Palermo ha portato all'arresto di Matteo Messina Denaro , ricercato numero uno tra i boss mafiosi, latitante da 30 anni. Il 60enne, originario di Castelvetrano (Trapani) è stato fermato dai militari all'interno della struttura, al termine di un'operazione coordinata dal comandante Pasquale Angelosanto. Matteo Messina Denaro è stato condannato all’ergastolo come mandante delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Oggi la cattura, che ha messo fine alla sua fuga decennale. Una latitanza record come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni, e Bernando Provenzano, riuscito a evitare la galera per 38 anni. L'arresto di Messina Denaro arriva infatti a 30 anni di distanza da quello di Riina, avvenuto il 15 gennaio del 1993, e a 17 anni da quello di Provenzano, avvenuto nell'aprile del 2006.
L’arresto di Totò Riina
Sono passati esattamente trent'anni dalla cattura del boss corleonese Salvatore Riina, arrestato a Palermo il 15 gennaio del 1993 dopo 24 anni di latitanza. L'operazione Belva è stata una operazione di polizia condotta in Italia dal ROS dell'Arma dei Carabinieri. Quel giorno le forze dell’ordine intercettarono l'auto del capomafia appena uscita dal residence di via Bernini in cui viveva da tempo con la famiglia. L'operazione fu condotta dal gruppo guidato dal Capitano Ultimo; con loro il pentito Baldassare Di Maggio che riconosce Salvatore Biondino e Totò Riina a bordo di una Citroen ZX. Riina, seduto sul sedile passeggero dell'utilitaria guidata da Salvatore Biondino, viene bloccato intorno alle 8,30 sulla rotonda di via Leonardo da Vinci, quando l'auto ha appena superato il motel Agip. Il capitano Ultimo aprì lo sportello: "Riina, lei è catturato per mano dei carabinieri". Salvatore Riina è rimasto in carcere fino alla sua morte avvenuta il 17 novembre 2017. Di tutti i suoi crimini non ha mai fatto nessuna ammissione.
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L'arresto di Bernardo Provenzano
L'arresto di Provenzano è avvenuto l'11 aprile del 2006 grazie alle intercettazioni dei cosiddetti "pizzini" i biglietti con i quali comunicava con i membri della famiglia e del clan durante la sua lunga latitanza. Il blitz avviene in un casolare a Montagna dei Cavalli, frazione a 2 km da Corleone, in provincia di Palermo. Provenzano si trovava in un rifugio arredato in modo spartano. Una volta individuato il casolare, gli agenti monitorano il luogo per dieci giorni attraverso microspie e intercettazioni ambientali. Il giorno del blitz e dell'arresto Provenzano viene portato prima nella questura di Palermo e poi nel carcere di Terni, al regime del 41-bis, e l'anno successivo a Novara. Nel 2011 gli viene diagnosticato un cancro alla vescica. Nel maggio del 2012 tenta il suicidio dopo il trasferimento a Parma. Il 9 aprile del 2014 a causa dell'aggravarsi delle sue condizioni di salute viene ricoverato nell'ospedale San Paolo di Milano. Provenzano muore in ospedale il 13 luglio del 2016.