
Bollettino Covid, eliminarlo o modificarne l'impostazione? Il dibattito tra gli esperti
Diverse voci nel mondo della Sanità - dall'infettivologo Francesco Vaia all'epidemiologo Luigi Lopalco - ritengono che sia arrivato il momento di cambiare la comunicazione sull'andamento della pandemia, specialmente in relazione al numero di decessi giornalieri. Non è d'accordo il professor Massimo Galli: "Giusto dare informazione di ciò che si registra"

Appuntamento fisso dall'inizio della pandemia, il bollettino giornaliero con i numeri dei nuovi casi di coronavirus rilevati in Italia – e relativi decessi – è adesso al centro del dibattito tra epidemiologici ed esperti: c’è chi pensa che, mutato il quadro sanitario, mantenerlo non serva più. O almeno non su base quotidiana. Per altri il bollettino è invece uno strumento ancora utile, ma dovrebbe essere modificato, non conteggiando più ad esempio le morti legate all’infezione da Covid-19
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Il direttore dell’Istituto Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, è tra chi chiede di rivederne l’impostazione. "Basta col bollettino dei morti di Covid", ha detto in un’intervista a Libero. Per Vaia, al momento “non vi sono assolutamente elementi di allarme” che giustifichino la conta quotidiana dei decessi, “con buona pace di chi continua a terrorizzare e a profetizzare sciagure, facendo un danno incalcolabile al Paese, soprattutto ai più giovani"
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Il ragionamento di Vaia parte dal fatto che “la curva dei casi indica che l'ondata sostenuta dalla variante Omicron Ba.5, predominante” non stia producendo “un impatto significativo in termini di malattia grave”, a differenza di quanto successo ad esempio con Delta, nel 2021. Nella fase pandemica attuale, i casi caratterizzati da “gravità clinica”, continua l'esperto, non sarebbero determinati tanto dal coronavirus, quanto più dal “quadro morboso di base" degli infetti
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Anche se "non è semplice", è quindi il momento di “fare un’analisi coraggiosa”. In Scozia, spiega Vaia, “l'hanno fatto ed è stato stimato che circa la metà delle morti in persone infettate dalla variante Omicron non fosse dovuta a Covid". Da qui l’appello a conteggiare diversamente i decessi
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Le dichiarazioni di Vaia hanno aperto ad altre riflessioni simili. L’epidemiologo Luigi Lopalco, docente di Igiene all'Università del Salento, commentando le parole del collega all’Adnkronos Salute, ha definito di “poco senso” continuare a “divulgare il bollettino quotidiano Covid dei decessi”. Questo non significa abbassare la guardia – “la sorveglianza del virus deve comunque proseguire in modo accurato" – ma cambiare approccio nella divulgazione dei dati, ad esempio con “la sola pubblicazione di un bollettino settimanale di tutti i dati"
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“Rivedere le modalità” del bollettino Covid quotidiano è un’ipotesi che piace anche all’assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D’Amato. Sempre all’Adnkronos Salute, D’Amato spiega che, vista la condizione attuale, “si possano rivedere alcune indicazioni”. La fattibilità di eventuali progetti in tal senso, ricorda, andrà però valutata dal “nuovo ministro della Salute”

Piuttosto critica sul mantenimento del bollettino quotidiano è anche Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano, secondo cui il sistema attuale avrebbe dovuto finire “già da tempo". Eliminare i bollettini giornalieri, dice Gismondo, "sarà la prima cosa da fare per risvegliare la gente da questo incubo sociale"

Per l’esperta, i bollettini non sono più utili né sulla positività generica al virus né sul numero di decessi. “Non ha alcun significato e spesso non è neanche corretto, nel senso che quelli che vengono registrati come morti Covid non sono tutti pazienti che hanno perso la vita per la malattia Covid-19, ma anche ricoverati per altre patologie gravi, risultati positivi al coronavirus", dice all’Adnkronos Salute

Contrario all’abolizione del bollettino è invece l’infettivologo Massimo Galli, direttore del reparto di Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano. In risposta alle parole di Vaia, Galli ha detto che “è giusto che ogni giorno sia data informazione di ciò che si registra, decessi compresi. Non vedo in modo positivo un atteggiamento 'protettivo' dell'opinione pubblica che, in questo modo, si presuppone composta da persone irresponsabili a cui celare le cose"

"I dati vanno riferiti, con trasparenza, fino alla fine dell'epidemia. Non sono d'accordo in maniera radicale su una tesi di 'riduzione dell'informazione': i dati vanno elaborati ogni giorno e forniti a tutti quotidianamente", conclude Galli. Walter Ricciardi, docente di Igiene all'Università Cattolica, concorda sul fatto che “la sorveglianza sanitaria e l'acquisizione dei dati sono fondamentali, così come la trasparenza dei dati che devono essere disponibili e accessibili per tutti”

Secondo Ricciardi, come spiegare e diffondere i dati “è una scelta del governo e delle istituzioni”. L'importante è che "chi deve prendere decisioni lo possa fare sulla base di elementi oggettivi”. Citando il Nobel per la Fisica Giorgio Parisi – secondo cui “la politica viaggia su una strada buia che può essere illuminata solo dalla scienza” – Ricciardi definisce “la sorveglianza sanitaria" e "l'intelligence epidemiologica" come "un perno irrinunciabile"
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