Unabomber, media: chiesta la riapertura delle indagini

Cronaca

A chiedere la riapertura delle indagini sono un giornalista e due vittime, tra cui Francesca Girardi, che nel 2003, quando aveva 9 anni, giocando con un amichetto sul greto del Piave, raccolse un evidenziatore giallo che le esplose in faccia

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Il Procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo, ha autorizzato a visionare la grande quantità di reperti raccolti in questi ultimi anni sulla vicenda Unabomber, il dinamitardo rimasto ancora senza nome. Un giornalista, occupatosi del caso, avrebbe custodito il capello trovato in un uovo inesploso il 3 novembre 2000, al supermercato Continente di Portogruaro. Marco Maisano, autore, conduttore televisivo, al lavoro su una serie podcast per OnePodcast (iniziativa audio del gruppo Gedi lanciata a inizio 2022), con due donne vittime di Unabomber, ha rivolto la richiesta al magistrato che, se ritenesse opportuno, potrebbe a sua volte chiedere al Gip la riapertura delle indagini. La notizia è riportata su vari quotidiani. Il giornalista sarebbe anche in possesso di altro materiale e, dunque, avrebbe fatto ufficiale richiesta di analizzare questi articoli con i nuovi ritrovati tecnologici.

La vicenda

Nel 2000 un uomo di Azzano Decimo, in provincia di Pordenone, acquistò una confezione di uova al Continente di Portogruaro ma, una volta a casa, notò che da una delle uova usciva uno strano filo e consegnò l'intera confezione ai Carabinieri. Si trattava di una carica esplosiva collegata alle uova e, in quell'occasione, furono recuperati anche un capello e tracce di saliva. La richiesta del giornalista Maisano e di due vittime di Unabomber è di rianalizzare, oggi, alla luce dei progressi tecnologici, quei reperti, come ad esempio la banca dati del Dna in Italia, istituita proprio nei mesi in cui lo Stato archiviava l'inchiesta a carico del sospettato principale dell'epoca, l'ingegner Elvo Zornitta di Azzano Decimo. A svolgere le indagini negli anni si sono succeduti decine di investigatori, coordinati alternativamente da più procure: Pordenone, Udine, Treviso, Venezia e Trieste.

La testimonianza di una delle vittime

A chiedere la riapertura delle indagini c'è anche Francesca Girardi, di 28 anni, che nel 2003, quando aveva 9 anni, giocando con un amichetto sul greto del Piave, raccolse un evidenziatore giallo che le esplose in faccia. "Ce l'ho impresso nella memoria da vent'anni - dice al Corriere Veneto la donna- Era brizzolato, con i capelli corti, gli occhiali e una camicia colorata, floreale, tipo quelle hawaiane. Mia madre si era accorta che un estraneo girava da quelle parti. Lui era lì, ci guardava giocare e ha scelto proprio noi". Una testimonianza - l'attentato risale al 25 aprile 2003 - che oggi la giovane conserva ancora chiarissima, e che fu già affidata all'epoca alle indagini dei Carabinieri. "Da grande ho rielaborato l'accaduto e a ferirmi profondamente è stata proprio la consapevolezza che non si è trattato di un incidente o di una disgrazia, ma di un atto voluto". Francesca Girardi nell'esplosione del pennarello-bomba raccolto da terra riportò gravi lesioni ad un occhio e la perdita della mano destra.

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