Suicidio assistito, primo sì in Italia: autorizzato per uomo tetraplegico da 11 anni

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L'Associazione Coscioni annuncia lo storico via libera dal Comitato etico della Asl delle Marche che ha verificato il rispetto delle condizioni fissate dalla Corte costituzionale. Il caso riguarda un camionista 43enne rimasto paralizzato per un incidente stradale che dopo la notizia ha commentato: “Mi sento più leggero e libero di scegliere”. Il Vaticano: "La strada più convincente ci sembra quella delle cure palliative"

Un 43enne, paziente marchigiano tetraplegico immobilizzato da 11 anni, è "il primo malato a ottenere il via libera al suicidio medicalmente assistito in Italia". A darne notizia è l'Associazione Coscioni. Il Comitato etico dell'azienda sanitaria di riferimento, la Asur Marche, ha deciso che nel suo caso ci sono le condizioni per accedere al farmaco letale. "Sarà il Tribunale di Ancona a decidere se il paziente potrà avere diritto al suicidio medicalmente assistito", fa sapere la Regione Marche. Il Comitato etico, si legge in una nota, "ha sollevato dubbi sulle modalità e sulla metodica del farmaco che il soggetto avrebbe chiesto (il tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi, senza specificare come dovesse essere somministrato)". Mario aveva citato in giudizio l'Asl (Asur) delle Marche. L'Associazione Coscioni, dopo la sentenza della Corte Costituzionale 242 del 2019 sul caso di Dj Fabo, si è battuta affinché nel rispetto delle condizioni indicate dalla Consulta, si potesse estendere all'Italia il suicidio assistito, a cominciare dal caso di Mario (nome di fantasia) un camionista di Pesaro immobilizzato a letto dopo un incidente stradale. Sulla vicenda è intervenuto anche il Vaticano: "La strada più convincente ci sembra quella delle cure palliative", ha affermato la Pontificia Accademia per la Vita (SUICIDIO ASSISTITO, IL DIBATTITO A SKY TG24).

Un iter lungo 14 mesi

La decisione del Comitato etico dell'Azienda sanitaria è arrivata dopo un iter lungo e faticoso di 14 mesi e il via libera è arrivato dopo due diffide legali all'Asur. Un’equipe di medici e psicologi ha verificato la sussistenza di tutte e quattro le condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale, tra cui l'irreversibilità della malattia, l'insostenibilità del dolore e la chiara volontà del paziente. Il via libera è arrivato dopo due diffide legali all'Asur e l'aiuto offerto dall'associazione Luca Coscioni.

“Mi sento più leggero e libero di scegliere”

"Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni". È questo, secondo quanto rende noto l'Ass. Coscioni, il commento a caldo di Mario, il primo malato ad aver ottenuto il via libera al suicidio assistito in Italia. "Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine di vita. Nessuno - dice in un video - può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni", e "condannarmi a una vita di torture. Si mettano da parte ideologie, ipocrisia, indifferenza, ognuno si prenda le proprie responsabilità perché si sta giocando sul dolore dei malati".

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I paletti della Consulta

La sentenza della Corte Costituzionale numero 242 del 22 novembre 2019 ha aperto la strada al suicidio assistito, sia pure circoscrivendolo con paletti molto rigorosi. La sentenza ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi agevoli l'esecuzione del proposito di suicidio a patto che questo si sia formato autonomamente e liberamente da parte di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. La persona deve essere affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputi intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

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Cappato: prima decisione dopo Consulta

Quello di Mario, primo malato ad aver ottenuto il via libera al suicidio medicalmente assistito in Italia, è un "calvario dovuto allo scaricabarile istituzionale", ha commentato Marco Cappato, Tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni. "Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha a tutti gli effetti legalizzato il suicidio assistito, nessun malato ha finora potuto beneficiarne, in quanto il Servizio Sanitario Nazionale si nasconde dietro l'assenza di una legge che definisca le procedure - afferma Cappato -. Mario sta comunque andando avanti grazie ai tribunali, rendendo così evidente lo scaricabarile in atto. Dopo aver smosso l'Azienda Sanitaria locale che si rifiutava di avviare l'iter, ora è stata la volta del Comitato Etico. Manca ora la definizione del processo di somministrazione del farmaco eutanasico". Tale "tortuoso percorso è anche dovuto alla paralisi del Parlamento, che ancora dopo tre anni dalla richiesta della Corte costituzionale non riesce a votare nemmeno una legge che definisca le procedure di applicazione della sentenza della Corte stessa".

(D-S) Mina Welby e Marco Cappato davanti al palazzo di Giustizia, dove comincia il processo di appello a loro carico. Genova 28 Aprile 2021.
ANSA/LUCA ZENNARO

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Il Vaticano: "Cure palliative strada più convincente"

"La materia delle decisioni di fine-vita costituisce un terreno delicato e controverso", ha affermato la Pontificia Accademia per la Vita a commento del via libera al suicidio assistito ottenuto dall'uomo di 43 anni. "La strada più convincente ci sembra quella di un accompagnamento che assuma l'insieme delle molteplici esigenze personali in queste circostanze così difficili. È la logica delle cure palliative, che anche contemplano la possibilità di sospendere tutti i trattamenti che vengano considerati sproporzionati dal paziente, nella relazione che si stabilisce con l'équipe curante".

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