È morto uno dei più noti studiosi della lirica classica italiana. Curatore dell'edizione del Canzoniere, è stato autore di numerosi romanzi. "Si può restare sconcertati - aveva detto in un'intervista a Sky TG24 - nel vedere il divario che c'è tra la piccolezza del punto di partenza delle nostre vite e la bellezza del punto di arrivo cristalizzata in un'opera poetica"
"È sempre difficile passare da ciò che si legge a ciò che sta dietro il testo. I grandi classici studiati a scuola perdono troppo spesso la loro identità e la loro umanità e diventano presto immagini e stereotipi". Qualche mese fa il critico letterario Marco Santagata, sintetizzava così a Sky TG24 la sfida e l'ambizione di cosa significasse analizzare e raccontare la lirica classica italiana.
Nato a Zocca, in provincia di Modena, il 28 aprile 1947, normalista, Santagata ha legato il suo nome e la sua reputazione allo studio e all'esegesi di Dante e di Petrarca, del quale ha curato anche il Meridiano Mondadori che raccoglie il Canzoniere. È morto oggi a 73 anni: era malato da tempo ma l'infezione da Covid 19 è stata fatale.
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L'umanità dei classici
Critico eclettico, ha sperimentato diverse forme di divulgazione, compreso la scrittura narrativa: finalista al Premio Strega nel 2015, nel 2003 ha vinto il Premio Campiello con "Il maestro dei santi pallidi" e nel 2006 il Premio Stresa con "L'amore in sé". Qualche mese fa, Guanda aveva riportato in libreria il suo "Copista": un profilo romanzato di Petrarca, molto umano, a tratti quasi ardito e, al contempo, un apologo della vecchiaia sincero e avvertito.
E proprio questa indagine tra vita e opere dei poeti era stata una delle assi principali attorno a cui era ruotata la sua cinquantennale esperienza di critico. "Mi è sempre interessato questo momento germinale dell'inventività poetica e il suo rapporto con la vita di colui che sta scrivendo. Dalla meschinità della quotidianità - aveva raccontato a Sky TG24 durante la rubrica dei "Consigli di lettura" - può germinare una grande poesia in grado di sopravvivere nel tempo. Questo rapporto così ambiguo e sfuggente è difficilissimo da cogliere e da indagare: si può restare sconcertati nel vedere il divario che c'è tra la piccolezza del punto di partenza delle nostre vite e la bellezza del punto di arrivo cristalizzata in un'opera poetica".