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Morto Germano Nicolini, il comandante 'Diavolo' della Resistenza in Emilia: aveva 100 anni

Cronaca
©Ansa

Il partigiano, simbolo della Resistenza in Emilia, avrebbe compiuto 101 anni il prossimo novembre. Dopo la guerra, era diventato sindaco di Correggio. Accusato e arrestato per l'omicidio di don Umberto Pessina, solo negli anni Novanta era poi stato completamente scagionato 

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È morto a Correggio, la sera del 24 ottobre, Germano Nicolini, comandante partigiano, protagonista della Resistenza in Emilia e conosciuto con il nome di battaglia di 'Diavolo'. Avrebbe compiuto 101 anni il prossimo novembre. Dopo la guerra, era stato accusato dell'omicidio di don Umberto Pessina e solo negli anni Novanta era poi stato completamente scagionato.

Da partigiano a sindaco, poi l'arresto per omicidio

Nato il 26 novembre 1919, Nicolini è stata una delle figure chiave della Resistenza. Catturato a Roma dai tedeschi, fuggì dalla prigionia ed entrò nel battaglione Sap della brigata Fratelli Manfredi di cui diventò comandante. Nel Dopoguerra divenne sindaco di Correggio - Comune che aveva liberato - ma venne arrestato nel 1947. L'accusa: aver ucciso don Umberto Pessina, nel 1946, nella sua parrocchia di San Martino Piccolo, frazione di Correggio. Venne condannato a 22 anni.

La verità sul vero assassino di don Umberto Pessina

Uscì dal carcere nel 1994 per un indulto e poi emerse che il vero assassino era William Gaiti (oggi morto). L’uomo confessò dopo che la lettera al Resto del Carlino 'Chi sa parli' del compianto comandante partigiano ed ex deputato, Otello Montanari, aprì uno squarcio sul cosiddetto 'triangolo della morte', dove numerosi uomini di chiesa vennero uccisi da partigiani comunisti. Così ‘Diavolo’ fu scagionato e infine assolto nel processo di revisione celebrato a Perugia. "Perdonarli? Non si può usare la parola perdono. Ero un bersaglio facile, un giovane sindaco di paese. Hanno colpito me perché si faticava ad accettare che si parlasse di riconciliazione", raccontava, ancora pochi mesi fa, ‘Diavolo’, interpellato sul fatto che i vertici del Pci di allora sapessero chi fosse il vero autore del delitto.

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