“Il mare è un cimitero": il 3 ottobre si ricordano le vittime dell’immigrazione

Cronaca

Vincenzo Genovese

©Fotogramma

Pietro Bartolo, medico di Lampedusa nel 2013, racconta a Sky TG24 l’orrore del naufragio. A Lampedusa dibattiti e laboratori affiancano la commemorazione

"Nel primo sacco c’era un bambino, con un pantaloncino rosso e una maglietta bianca. Me lo ricordo perfettamente, perché è il mio incubo più ricorrente. Provai a scuoterlo per svegliarlo, ad ascoltare il battito, a cercare nei suoi occhi un segno qualunque del fatto che fosse vivo. Ma era morto". Sono le parole di Pietro Bartolo, che a Sky TG24 ricorda il naufragio del 3 ottobre 2013, avvenuto a poche miglia dall’isola di Lampedusa.  

La tragedia di Lampedusa

All’alba di quel giorno Bartolo, oggi deputato al Parlamento Europeo e allora medico dell’isola, si trovava già sulla banchina del molo per assistere alcuni migranti approdati nella notte. "Arrivò una barca di pescatori lampedusani. Portavano 47 persone salvate dal mare. Stavano male, erano coperte di gasolio, ma vive. Qualche minuto dopo attraccò un altro peschereccio, con i superstiti in ipotermia. Il pescatore che lo guidava aveva raccolto anche quattro cadaveri. Nelle ore successive arrivarono tutti gli altri, 111 solo il primo giorno. E poi ancora, per 15 giorni". A Bartolo toccarono tutte le ispezioni cadaveriche, che ancora oggi racconta con commozione: "C’erano decine di sacchi e io tremavo, avevo paura. Non sapevo se ci avrei trovato dentro un uomo, una donna, o un bambino. Non potevo fare nulla, solo constatare il decesso e prendere un frammento di tessuto, per dare un nome a queste persone". In totale, i morti accertati furono 368, a cui vanno aggiunti almeno 20 dispersi; 155 i sopravvissuti a quella che è una delle più gravi catastrofi umanitarie avvenute in tempo di pace nel mar Mediterraneo.  

Isola di Lampedusa
L'isola di Lampedusa è, per la sua posizione, punto d'arrivo di molti viaggi di migranti nel Mediterraneo Centrale - ©Getty

La Giornata nazionale delle vittime dell’immigrazione

Quella data, il 3 ottobre, è stata scelta per ricordare tutti coloro che hanno perso la vita in circostanze simili. Il 16 marzo del 2016 il Senato ha approvato la legge 45/2016 che istituisce la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione, con un intento commemorativo: "conservare e rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria". Ma la tragica ricorrenza diventa anche l’occasione per riflettere sul fenomeno migratorio e per diffondere la cultura dell'accoglienza.  

Le iniziative a Lampedusa

Di questo obiettivo si occupa il Comitato Tre Ottobre, che anche nel 2020 organizza il progetto “Lampedusa Porta d’Europa” in collaborazione con il Miur. L’iniziativa "Siamo sulla stessa barca", inoltre, porta sull’isola siciliana gli alunni di più di 60 scuole da 20 Paesi dell’Unione Europea. In programma ci sono, dall’uno al tre ottobre, laboratori e workshop svolti via streaming, oltre a due tavole rotonde con giornalisti che si occupano dell’argomento. Interverranno, tra gli altri, anche Carlotta Sami, portavoce per l’Italia dell’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati (UNHCR), la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina (in collegamento) e Juan Fernando López Aguilar, presidente della Commissione Diritti Civili del Parlamento Europeo, oltre allo stesso Pietro Bartolo. La cerimonia vera e propria si terrà come ogni anno la mattina del 3 ottobre, con la deposizione in mare di una corona di fiori. Diverse iniziative sul tema si svolgono anche in altri luoghi d’Italia, come ad esempio ad Asti, dove verranno letti in pubblico i nomi delle persone morte nel tentativo di raggiungere l’Europa dal 2018 a oggi.

Corona fiori
Ogni 3 ottobre viene gettata in mare di fronte a Lampedusa una corona di fiori in ricordo del naufragio - ©Ansa

Le vittime migranti nel Mediterraneo

Solo nel 2020 sono 647 le persone che hanno perso la vita nel mar Mediterraneo, di cui 462 proprio nella tratta del Mediterraneo Centrale, che porta dalle coste del Nordafrica a quelle italiane. È un dato decisamente inferiore al passato: dal 2014 al 2016 si registrarono circa 3mila vittime all’anno, come riporta l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Negli ultimi nove mesi è calato anche il tasso di mortalità, ovvero la percentuale delle vittime in relazione ai tentativi di attraversamento, all’1,4% dal 4,2% del 2019. Un segnale incoraggiante, ma non abbastanza per chi come Bartolo ha vissuto in prima persona questo dramma negli ultimi anni. “Il nostro mare è diventato un cimitero”.

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