Tratta, Save the Children: “In Italia in 6 mesi 1.000 nuove vittime"

Cronaca

Beatrice Barbato

Lo scoppio della pandemia Covid-19 ha avuto gravi conseguenze sulle condizioni di vita delle vittime di tratta e sfruttamento. Lo sottolinea Save the Children che alla vigilia della Giornata Internazionale contro la tratta di esseri umani, lancia il rapporto "Piccoli schiavi invisibili"

Il Coronavirus non ha fermato violenze sessuali e sfruttamento. Al contrario, la crisi ha spostato lo sfruttamento dei minori dalle strade all'interno delle case. È quanto emerge dalla X edizione del rapporto di Save The Children "Piccoli schiavi invisibili", pubblicato alla vigilia della Giornata Internazionale contro la tratta degli esseri umani.

I numeri nel mondo

Nel mondo sarebbero oltre 40 milioni le vittime di tratta o sfruttamento, di fatto costrette in condizioni di schiavitù. E di queste 10 milioni avrebbero meno di 18 anni. Il rapporto fotografa anche la situazione nel nostro Paese. Gli operatori del progetto ‘Vie d'uscita’ di Save The Children hanno intercettato nei soli primi sei mesi del 2020 e in sei regioni d'Italia 1.000 nuove vittime circa, sia in strada che online. È proprio in rete che i gruppi criminali dediti allo sfruttamento, hanno cercato di ripiegare nei mesi di lockdown, durante i quali c'è stato un aumento non solo nella richiesta di servizi erotici online ma anche di un altro fenomeno raccapricciante che vede sempre i minori come vittime: le torture inflitte loro per la realizzazione e la commercializzazione di materiale pedopornografico.

L'emergenza Covid

L'emergenza Covid 19 (GLI AGGIORNAMENTI LIVE - LO SPECIALE) ha reso le vittime ancora più isolate e difficili da raggiugere. Il lockdown ha limitato gli spostamenti e la possibilità di chiedere aiuto. La chiusura delle scuole, per molti l'unica occasione che garantisca un pasto quotidiano, ha spinto tantissimi bambini in strada alla ricerca di cibo, esposti ora più che mai al rischio di diventare vittime del traffico. In Italia le giovani vittime, in gran parte di origine nigeriana e dei paesi dell'est Europa, sono state costrette a prostituirsi nell'assoluta mancanza di misure di protezione individuale, in molti casi costrette ad accettare richieste sempre più spinte e a prezzi sempre più bassi.

La chiusura delle attività

A ciò si aggiunge un'altra seria problematica: la chiusura di molte attività, tra cui alberghi e ristornati, dove molte ragazze avevano trovato non solo un lavoro, ma anche la forza di guardare al futuro, dopo anni di sottomissione. Adesso il timore più grande è che chi ha avuto il coraggio uscirne, possa cadere nuovamente nella trappola dello sfruttamento.

Cronaca: i più letti