Arresti carabinieri Piacenza, nuovo comandante provinciale: “Obiettivo guadagnare fiducia”
CronacaSi è presentato alla stampa il colonnello Paolo Abrate, arrivato dopo le misure cautelari nei confronti dei militari e il sequestro della caserma della stazione Levante. “La mia promessa è di dedicare ogni mia forza alla tutela della cittadinanza”, ha detto. Intanto prosegue l’inchiesta
“Il mio obiettivo personale, come ho fatto in tutti i luoghi in cui sono andato, è quello di guadagnare la fiducia, che si guadagna giorno per giorno”. È così che il colonnello Paolo Abrate, nuovo comandante provinciale dei carabinieri di Piacenza, si è presentato alla stampa. L'ufficiale è arrivato dopo le misure cautelari nei confronti dei militari e il sequestro della caserma della stazione Levante.
“Mia promessa è dedicare ogni mia forza alla tutela della cittadinanza di Piacenza”
“Si possono fare grandi dichiarazioni di intenti, ma poi è coi fatti che si ottengono le cose. La mia promessa e il mio impegno è di dedicare ogni mia forza e energia alla tutela della cittadinanza di Piacenza", ha detto Abrate. “La bufera” giudiziaria che ha colpito l'Arma piacentina, ha aggiunto, "è stata una cosa che ci ha colpito nel nostro cuore, nella nostra intimità". "Noi – ha detto ancora – siamo un'istituzione che dedica tanto della propria individualità al servizio della cittadinanza. È chiaro che è una cosa che ci ha segnato molto”. Infine, il colonnello ha spiegato di sentirsi “onorato di essere qui a Piacenza”. “Portare questa divisa nella città e nella provincia non è semplice, ma lo faccio con orgoglio perché so quanto i carabinieri si impegnano a testa alta nella nostra quotidianità”, ha concluso.
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Il caso della caserma Levante di Piacenza
“La bufera”, come l’ha definita il colonnello Abrate, nella caserma Levante di Piacenza è scoppiata qualche giorni fa, quando le indagini della Procura hanno portato alla luce un sistema criminale fatto di arresti pilotati per sequestrare la droga e poi rivenderla attraverso galoppini ai quali spettava il 10% dei guadagni, minacce, botte e torture. Ieri, davanti al Gip Luca Milani, è comparso per l'interrogatorio di garanzia il maresciallo Marco Orlando, comandante della Levante ora ai domiciliari con le accuse di falso, arresto e perquisizione illegale, abuso d'ufficio. Si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma uscendo dal tribunale ha detto: “In 30 anni non ho mai avuto una sanzione disciplinare, come pensate si possa stare?”. Scena muta anche per Maria Luisa Cattaneo, la compagna del carabiniere Giuseppe Montella, che per i pm era complice del suo uomo ed era informata di tutte le sue azioni, compresi i pestaggi. Tanto che in un'intercettazione si sente la voce di Montella raccontarle quel che è avvenuto con un nigeriano che era appena stato arrestato: "lo abbiamo massacrato".
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L’inchiesta
L'inchiesta intanto va avanti e sono ancora tanti gli aspetti che vanno chiariti. A partire dalla catena di comando, con i pm che presto sentiranno i vertici dell'Arma che si sono avvicendati in città e lo stesso Rocco Papalaeo, il maggiore che ha fatto partire le indagini, per capire come sia possibile - lo ha scritto anche il gip nell'ordinanza - che nessuno si sia accorto di nulla di quel che accadeva. Solo quando saranno più chiari i contorni della vicenda, potrebbero esserci nuove iscrizioni nel registro degli indagati. L’avvocato dell'appuntato scelto Antonio Esposito, uno degli arrestati, ha chiesto l’incidente probatorio. "I fatti contestati – ha spiegato il legale Pierpaolo Rivello – risalgono a diversi mesi fa e dunque non c'è l'urgenza necessaria per procedere con l'accertamento tecnico urgente. L'incidente probatorio consentirà a tutti di essere più garantiti. Nei processi la prova scientifica è fondamentale e dunque è nell'interesse di tutti fare le cose al meglio". Il primo effetto della richiesta è che la caserma resterà sotto sequestro almeno per altri 10 giorni.