Caso Regeni, l'affondo di Fico: "L'Egitto ha dato un cazzotto all'Italia"

Cronaca

Duro commento del presidente della Camera: "L'incontro fra le procure di Roma e Il Cairo è andato malissimo. Serve dare una risposta veloce". Conte: "Seguo la vicenda con la massima attenzione". Intanto l'indagine sul rapimento e la morte del ricercatore va avanti. Ed è una corsa contro il tempo perché entro il prossimo autunno il pm Sergio Colaiocco, titolare del fascicolo, dovrà chiudere il procedimento.

Il presidente della Camera Roberto Fico ha commentato duramente il vertice tra i magistrati della procura di Roma e quelli egiziani avvenuto il primo luglio per discutere sul caso di Giulio Regeni (LEGGI CHI ERA). "L'incontro è andato malissimo” ha sottolineato, “l'Egitto ha dato un vero e proprio cazzotto in faccia all'Italia, a tutti gli italiani, al nostro Stato. Bisogna dare una risposta risoluta e veloce". La critica di Fico fa da eco alle parole della famiglia del ricercatore italiano - trovato morto al Cairo nel febbraio del 2016 - che aveva definito un “fallimento” il vertice e aveva chiesto al governo di "richiamare l’ambasciatore in Egitto”.

Fico: "Il caso Regeni deve appartenere a tutta l'Europa"

"Rinnovo la mia vicinanza come quella di tutte le istituzioni alla famiglia Regeni. Ma voglio dire a tutti che la questione non appartiene solo alla famiglia, appartiene a tutta l'Italia: è una questione di Stato". Il caso del ricercatore, ha aggiunto Fico, "deve appartenere a tutta l'Europa. Dobbiamo fare un lavoro forte e sostanziale tramite i governi e i parlamenti europei per creare una rete che possa risolvere il caso di Giulio in Egitto" (LEGGI LE TAPPE DELLA VICENDA).

Conte: "Seguiamo la questione con la massima attenzione"

A commentare l'incontro tra i magistrati italiani ed egiziani è intervenuto anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sottolineando che il caso "è una questione che seguiamo con la massima attenzione, non rimaniamo affatto indifferenti, ora acquisirò anche maggiori informazioni" ma precisando come "da un incontro non è che ne deriva automaticamente un riposizionamento dell'Italia: non è che c'è un'automatica e biunivoca corrispondenza tra procura della Repubblica e Palazzo Chigi". 

Il Cairo assicura: "La procura egiziana vuole la verità"

Il vertice avvenuto tra le procure non ha portato però a sostanziali cambiamenti, anzi ha confermato uno stallo. Il procuratore generale egiziano "ha assicurato che, sulla base del principio di reciprocità, le richieste avanzate dalla procura di Roma sono allo studio per la formulazione delle relative risposte alla luce della legislazione egiziana vigente". Sul punto il procuratore di Roma, Michele Prestipino, ha "insistito sulla necessità di avere riscontro concreto, in tempi brevi, alla rogatoria avanzata nell'aprile del 2019 e in particolare in ordine all'elezione di domicilio degli indagati, alla presenza e alle dichiarazioni rese da uno degli indagati in Kenya nell'agosto del 2017". Il vertice si è concluso senza che venisse fissato, fin da ora, un nuovo appuntamento tra i magistrati. Dal Cairo assicurano che "la procura di Roma toccherà con mano la trasparenza della squadra di inquirenti egiziani e il desiderio di giungere alla verità nel prossimo periodo".

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Intanto l'indagine della Procura di Roma sul rapimento e la morte di Giulio Regeni prosegue: entro il prossimo autunno il pm Sergio Colaiocco, titolare del fascicolo, dovrà chiudere il procedimento visto che il 4 dicembre scadono i due anni dall'iscrizione nel registro degli indagati di cinque ufficiali del servizi segreti del Cairo accusati di sequestro di persona. Nel registro sono iscritti ufficiali della National security, i servizi di sicurezza interna. Si tratta del generale Sabir Tareq, dei colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal, del maggiore Magdi Sharif e dell'agente Mhamoud Najem. A questi nomi, per i quali Roma ha chiesto l'elezione di domicilio, potrebbero affiancarsi altri 007 che avrebbero avuto un ruolo nella vicenda del ricercatore friulano trovato morto nel febbraio del 2016. Sono almeno altre cinque le persone su cui si stanno effettuando accertamenti, tutti colleghi degli ufficiali già indagati. I loro nomi spuntano dai tabulati telefonici forniti nei mesi scorsi dalle autorità egiziane. Intanto a piazzale Clodio si attende un riscontro alla rogatoria inviata nel maggio del 2019: nei 12 quesiti si fa riferimento agli altri uomini degli apparati che avrebbero avuto un ruolo nella vicenda di Regeni. In particolare si chiedeva di "mettere a fuoco il ruolo di altri soggetti della National Security che risultano in stretti rapporti con gli attuali cinque indagati".

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