Report redatto con l’Iss: mortalità raddoppiata rispetto alla media dei mesi di marzo dei 5 anni precedenti. Altri 11.600 morti potrebbero essere legati direttamente o indirettamente al coronavirus. Paese diviso: aumenti drammatici in molte province del Nord
La pandemia di coronavirus in Italia ha causato migliaia di vittime. E l’aumento della mortalità è drammatico soprattutto in alcune zone del Nord Italia (GLI AGGIORNAMENTI LIVE - LO SPECIALE). È quanto rivela il Rapporto Istat sull'impatto dell’epidemia sulla mortalità, redatto insieme all'Istituto Superiore di Sanità. Nel confronto tra il mese di marzo 2020 con lo stesso mese degli anni precedenti emerge che il 91% dell'eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale si concentra nelle aree ad alta diffusione del virus: 3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino. Nell'insieme di queste province i decessi sono più che raddoppiati rispetto alla media dei mesi di marzo del quinquennio 2015-2019 (LA MAPPA DEL CONTAGIO - LE TAPPE - LE GRAFICHE).
A Bergamo aumento mortalità del 568%
Se si considera il periodo dal 20 febbraio al 31 marzo, i decessi sono passati da 26.218 a 49.351 (+ 23.133 ); poco più della metà di questo aumento (52%) è costituita dai morti riportati al Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 (12.156), insomma sono da ascriversi alla pandemia di coronavirus. All'interno di questo raggruppamento, le province più colpite dall'epidemia hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane, con incrementi percentuali a tre cifre dei decessi nel mese di marzo 2020 (sempre in confronto alla media dei mesi di marzo 2015-2019): Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%).
Al Centro-Sud -1,8% decessi, Roma -9,4%
Nelle aree d'Italia meno colpite dal virus (in larga prevalenza al Centro-Sud) nel marzo 2020 si registrano invece meno morti rispetto alla media degli anni scorsi: nel complesso, si legge nel report Istat/Iss, nelle aree a bassa diffusione (1.817 comuni, 34 province per lo più del Centro e del Mezzogiorno) i decessi del mese di marzo 2020 sono mediamente inferiori dell'1,8% alla media del quinquennio precedente. A spiccare è il dato di Roma, che a marzo fa segnare un -9,4% rispetto alla mortalità media degli ultimi 5 anni: 3.757 morti quest'anno, 4.121 in media. Giù anche Napoli, che registra un -0,9% di mortalità (L'AUTOCERTIFICAZIONE PER LA FASE 2).
Grafico a cura di Raffaele Mastrolonardo
Istat: decessi coronavirus più di tumori e patologie respiro
Il report dell’Istat spiega che "confrontando i decessi, totali e Covid-19, del 2020 con i decessi per causa del mese di marzo 2017 si nota che, fin dall'inizio di marzo, nelle aree ad alta diffusione dell'epidemia, il numero di morti di Covid-19 con diagnosi confermata è superiore a quello registrato nel 2017 per altre malattie come il diabete, le demenze e l’Alzheimer. A metà dello stesso mese il numero di morti Covid-19 supera i decessi causati dall'insieme delle malattie respiratorie e dei tumori". Secondo l’Istat, ”in poco più di venti giorni i decessi quotidiani riportati alla Sorveglianza integrata Covid-19 arrivano a sorpassare il numero giornaliero di morti per tutte le cause del mese di marzo 2017. L’analisi di tutte le cause di morte del 2020 consentirà di valutare quanto l'eccesso di mortalità osservata nel 2020 sia attribuibile anche ai decessi di persone non sottoposte al test ma certificate dai medici sulla base di una diagnosi clinica di Covid-19 (che al momento non sono conteggiate nella sorveglianza) e quanto agli effetti indiretti correlati o non all'epidemia".
Istat: altre 11.600 morti dirette o indirette
Oltre ai decessi attribuiti ufficialmente al coronavirus, nel periodo 20 febbraio-31 marzo si osservano altre 11.600 morti che potrebbero essere correlabili al virus, sia direttamente che indirettamente. L'Istat sottolinea che "esiste una quota ulteriore di circa altri 11.600 decessi per la quale possiamo, con i dati oggi a disposizione, soltanto ipotizzare tre possibili cause: una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (decessi in cui non è stato eseguito il tampone), una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l'aumento della mortalità da cause cardiorespiratorie in corso di influenza) e, infine, una quota di mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette".
Grafico a cura di Raffaele Mastrolonardo
“Le tre Italie dell’epidemia"
L’Istat aggiunge che per leggere correttamente i dati sui casi positivi e sui decessi per il Covid bisognerebbe parlare di "tre Italie", in base alla diffusione del virus. "La diffusione geografica dell'epidemia di Covid-19 è eterogenea", si legge nel report. "Nelle Regioni del Sud e nelle isole, la diffusione delle infezioni è stata molto contenuta, in quelle del Centro, è stata mediamente più elevata rispetto al Mezzogiorno mentre in quelle del Nord la circolazione del virus è stata molto elevata. Per valutare la diffusione all'interno delle Province ed eliminare l'eterogeneità dovuta alle diverse strutture per età delle corrispondenti popolazioni, sono stati calcolati i tassi standardizzati di incidenza cumulata al 31 marzo dei casi confermati positivi all'infezione. La distribuzione di questi tassi è stata divisa in tre classi: la prima, definita a diffusione" bassa", comprende le province con valori del tasso inferiore a 40 casi per 100mila residenti; la seconda, definita a diffusione "media", comprende le province con valori del tasso tra i 40 e i 100 casi ogni 100mila residenti; la terza classe, definita a diffusione "alta", include le province con valori superiori ai 100 casi ogni 100mila residenti”. Tranne qualche "enclave", la divisione è abbastanza omogenea tra Nord (con una parte di Centro), Centro e Sud. Nelle aree a media e in quelle a bassa incidenza il numero dei casi inizia ad aumentare dalla metà di marzo raggiungendo il picco, rispettivamente, tra il 24 e il 25 marzo 2020. La grande maggioranza dei decessi si registra nelle province definite a diffusione alta (89%), laddove è dell'8% nelle aree a diffusione media e del 3% in quelle a diffusione bassa. Il 32% dei decessi totali ha coinvolto il genere femminile.
Grafico a cura di Raffaele Mastrolonardo