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Il coronavirus spiegato ai figli. L’esperto: "È giusto averne paura, ma non troppo"

Cronaca

Il diffondersi del virus ha portato molti cambiamenti nella vita di tutti i giorni che potrebbero spaventare i bambini. Per questo, secondo gli esperti, occorre usare parole semplici e immagini comuni per descrivere ai più piccoli cosa sta succedendo, senza allarmismi

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Scuole chiuse, partite di calcio - e non solo - rinviate, feste sospese. Il diffondersi del Coronavirus sta portando diversi cambiamenti nella vita di tutti i giorni e le nuove restrizioni potrebbero spaventare soprattutto i bambini. Per questo alcuni esperti hanno provato a spiegare cosa sia questo virus, e quali siano i rischi concreti, con parole ed esempi molto semplici, per provare a far passare la paura ai più piccoli. Uno di loro è Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, ricercatore presso il Dipartimento di scienze biomediche dell’Università degli studi di Milano. “È così piccolo che lo si può vedere solo in laboratori speciali con microscopi speciali. Ecco perché (il virus, ndr) ci spaventa tanto. Perché è invisibile a occhio nudo”, scrive in un testo - pubblicato su Facebook - rivolto a sua figlia Caterina, 11 anni, e a "tutti i nostri figli" (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI).

“Tra i malati non ci sono praticamente bambini”

L’esperto ricorda ai più piccoli che il Coronavirus “al momento ha colpito un numero molto ristretto di persone”. “La malattia”, prosegue, “si è localizzata in alcune zone precise, chiamate focolai di infezione. Quando è stata identificata la zona del focolaio, gli esperti hanno preso tutte le precauzioni possibili per non farlo uscire da lì. E’ come un animale in trappola"(DOMANDE E RISPOSTE - I CONSIGLI DEI PEDIATRI). Poi Pellai scende nei dettagli della malattia, con un linguaggio semplice: “Fa tossire, starnutire, dà febbre. In molte persone il virus non produce nemmeno questi sintomi. Solo pochissime persone si ammalano con sintomi molto più gravi, come la polmonite”. E sottolinea: “Tra i malati non ci sono praticamente bambini. Ovvero, sembra che chi ha la tua età, ha una capacità naturale di resistere all’attacco del virus”.

Un messaggio di speranza: "Ce la faremo"

Poi un passaggio sull’importanza dell’allerta. “Ti hanno insegnato che non si può mangiare solo cotoletta e patatine. Perché il tuo corpo ha bisogno anche di fibre e vitamine che trovi nella frutta e nella verdura. Ti hanno insegnato che quando navighi in rete non devi fornire le tue generalità a nessuno, perché non sai chi c’è dall’altra parte. Per il Coronavirus è un po' la stessa cosa. Il mondo adesso viene avvertito che la fuori c’è un virus di cui non conosciamo molte cose. E perciò ce ne dobbiamo difendere”. Infine, un messaggio di speranza: “L’uomo, nel corso della storia ha saputo fare cose straordinarie. Ha imparato a vincere malattie ben più terribili, ha inventato missili che possono portarci sulla luna, ha scoperto come trasformare la luce del sole in energia che fa accendere la luce di notte nelle nostre case, quando fuori c’è il buio”. “Ce la faremo”, dice Pellai, “vedrai, ce la faremo” (IL MONITO DELLA REGIONE LOMBARDIA - TUTTO QUELLO CHE BISOGNA SAPERE - SUPERMERCATI PRESI D'ASSALTO).

"Un virus che ha una somiglianza con una corona di re e regine"

Chiarezza e semplicità sono anche le due caratteristiche alla base delle parole scelte da Andrea Grignolio, docente di Storia della Medicina e Bioetica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e al Cnr, intervistato da La StampaL'esperto spiega come descrivere il virus: "Inizierei dalla sua forma, ovvero un virus che ha una certa somiglianza con una corona di re e regine, che da diversi secoli vivacchia nei pipistrelli, senza creare alcun problema. Nel suo passaggio dall’animale all’uomo, perché a volte questo salto può capitare, è però diventato più cattivo". Poi una raccomandazione: "Dobbiamo dire a gran voce ai bambini che una difesa ai virus esiste. E si chiama vaccino. Abbiamo trovato vaccini per malattie cattivissime come l’ebola, il morbillo, la rosolia. E tra dodici, diciotto mesi, esisterà presumibilmente anche un vaccino per questo nuovo virus".

I consigli del pedagogista Daniele Novara

Anche Daniele Novara, pedagogista, autore e direttore CPP (Centro PsicoPedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti) ha dato dei consigli in merito: “È facile cadere nell’enfasi emotiva che non aiuta i più piccoli a vivere in questa inedita situazione. La presenza dei genitori è un elemento rassicurante. Il genitore educativo è quello che mantiene una presenza senza che questa presenza assuma contorni allarmanti e ansiogeni. I bambini vivono il restare in casa come un’esperienza ludica di vacanza. È importante che i genitori non li coinvolgano in discorsi fuori dalla loro portata o li espongano a informazioni che sono di difficile gestione anche per gli stessi adulti specialmente quando compare il tema della morte. Fino a 6, 7 anni si può tranquillamente dire che per alcuni giorni i bambini non andranno a scuola, non è necessario spiegare in maniera dettagliata i motivi. Per quelli più grandi, a partire dagli 8 anni quando il pensiero è un po’ più formato, si può segnalare la presenza di una malattia che dobbiamo evitare e quindi ognuno resta a casa sua. Infine occorre fare attenzione anche all’eccesso di rassicurazioni. Le comunicazioni dovrebbero essere molto asciutte e limitate, qual tanto che basta per dire ai più piccoli come sarà la loro vita.