Coronavirus, Burioni: "Lo ripeto, chi torna dalla Cina deve stare in quarantena"

Cronaca

Le parole del virologo dopo il caso del 38enne di Codogno ricoverato in gravi condizioni: “Le ultime notizie mi portano a ripetere per l'ennesima volta l'unica cosa importante. Spero che i politici lo capiscano perché le conseguenze di un errore sarebbero irreparabili”

Lo ripete da giorni ed è tornato a farlo stamattina dopo la notizia del 38enne ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Codogno (AGGIORNAMENTI LIVE): “Chi torna dalla Cina deve stare in quarantena. Senza eccezioni". L’immunologo Roberto Burioni ne è convinto: "Le ultime notizie mi portano a ripetere per l'ennesima volta l'unica cosa importante. Spero che i politici lo capiscano perché le conseguenze di un errore sarebbero irreparabili".

Uomo in terapia intensiva a Codogno

L’attenzione sul Coronavirus (SPECIALE) è tornata altissima nel nostro Paese, proprio mentre nelle stesse ora in cui vengono dimesse le persone che sono state in quarantena alla Cecchignola. A far scattare l’allarme è il caso del paziente di Codogno (Lodi) ricoverato con difficoltà respiratoria e quindi in “gravi condizioni”.

La polemica tra Burioni e la Regione Toscana

Nei giorni scorsi si era sollevata una polemica proprio tra Burioni e la Regione Toscana, in vista del rientro dalla Cina di 2.500 cittadini orientali che abitano nell'area di Firenze e Prato. In un post su Fb, il governatore Enrico Rossi aveva respinto le critiche mosse dal virologo del San Raffaele alla Toscana accusandola di non obbligare alla quarantena i cinesi di ritorno dal loro Paese. Tuttavia, nel suo sito “Material facts”, lo stesso Burioni aveva ribadito le perplessità. "Non riesco a capire - scrive - per quale motivo la Regione Toscana si intestardisca ad affermare che la quarantena non eè necessaria. Sarebbe un minimo sacrificio per i 2.500 cittadini che porterebbe però una grandissima sicurezza per tutti gli altri. Nessuno pretende che vengano rinchiusi in un carcere: basterebbe chiedergli di rimanere a casa per due settimane. La stessa cosa che molte multinazionali chiedono ai loro dipendenti che tornano dalla Cina".

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