A 28 anni dalla strage di Capaci, si torna a parlare di Rosaria Costa, moglie di uno degli agenti assassinati. La donna è sorella del muratore arrestato ieri a Palermo nell'ambito dell'operazione antimafia "White Shark" contro la cosca dell'Arenella
"Per me non esiste più. È come se mio fratello fosse morto ieri". Non lascia spazio al perdono Rosaria Costa, la vedova dell’agente Vito Schifani ucciso nell'agguato mafioso di Capaci il 23 maggio del 1992. La donna, oggi 50enne, affida al Corriere della Sera e a La Repubblica la rabbia per l’arresto del fratello Giuseppe, fermato ieri a Palermo con l’accusa di associazione mafiosa. “Un cretino” dice, con il quale ha “rapporti rarissimi”.
"Pronta a ripudiare mio fratello"
"Sono devastata", afferma la donna. "Mi hanno voluto colpire al cuore per quelle parole che ho detto. La mafia non mi fermerà, continuerò il mio impegno”. "Se le accuse saranno provate, dovranno buttare le chiavi della cella – ha aggiunto Rosaria - La legge è uguale per tutti. Mi dissocio da tutti, da mio fratello e da questi mafiosi che avvelenano il mondo. Mi telefonano tanti adesso, dicendo che mi sono vicini. Ma non sono vicina io a quest'uomo che il destino mi ha assegnato come una croce, adesso sono pronta a ripudiarlo".
"Fratello traditore"
“Adesso inginocchiati tu” dice Rosaria, “Pino, mio Caino, fratello traditore. Inginocchiati davanti a Dio e agli uomini. Chiedi perdono. E pentiti raccontando tutto quello che hai visto e sentito tra i mafiosi. Svela i nomi e gli sporchi affari di chi ti sei ritrovato vicino, stando ad accuse che sono palate di fango sulle nostre vite”.
L'urlo contro la mafia
Oggi Rosaria Costa vive in Liguria. Il ricordo della strage di Capaci è legato alla sua immagine. Allora aveva 22 anni e un bimbo di 4 mesi, oggi capitano nella Guardia di Finanza. Il ricordo della strage di Capaci è a quell’urlo nella basilica di San Domenico davanti al feretro del marito: "Io Rosaria Costa, vedova dell'agente Vito Schifani, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato... lo Stato...chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia. Adesso, rivolgendomi agli uomini della mafia... perché ci sono qua dentro...e non, ma certamente non cristiani, sappiate che anche per voi c’è possibilità di perdono. Io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare...ma loro non cambiano".
L'arresto di Giuseppe Costa
Giuseppe Costa è accusato di associazione mafiosa: sarebbe affiliato alla famiglia di Vergine Maria. Per conto della cosca avrebbe tenuto la cassa, gestito le estorsioni, "convinto" con minacce le vittime - imprenditori e commercianti - a pagare la "tassa" mafiosa, assicurato alle famiglie dei mafiosi detenuti il sostentamento. Ristoranti, negozi, concessionarie di auto, imprese: nel quartiere pagavano tutti e Costa sarebbe stato tra i collettori del pizzo. Gli inquirenti lo descrivono come pienamente inserito nelle dinamiche mafiose della "famiglia", tanto che, alla scarcerazione del boss della zona, Gaetano Scotto, per rispetto al padrino invita le sue vittime a dare il denaro direttamente a lui.